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Piccoli jihadisti crescono nella scuola italiana: urla "infedeli" in classe e inneggia ai terroristi

Giulio Bucchi
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Ha inneggiato agli attentati di Bruxelles a soli 12 anni. Lo ha fatto a scuola, davanti a tutti, mimando gesti di morte tipici delle stragi jihadiste. Era arrabbiato con i compagni, voleva intimorirli e ha finto di sparare, urlando minacce e chiamandoli, a quanto pare, «infedeli». Una bravata, certo. Un gesto di rabbia imitato dai grandi, come tutti gli adolescenti fanno. Che però la dice lunga su una realtà che non vediamo: quella delle famiglie fondamentaliste che vivono nelle nostre città, allevano i loro figli con il nostro aiuto e li mandano ad istruirsi nelle nostre scuole. E poi, magari, a cena, parlano di infedeli, esultano per i morti ammazzati, guardano e riguardano le scene di guerra con cui il califfato nutre i suoi adepti. L'episodio è successo in una scuola media di Cremona. Il ragazzino è di origine marocchina: uno studente difficile, seguito da un insegnante d'appoggio, figlio di una famiglia difficile segnalata ai servizi sociali. Aveva litigato con alcuni coetanei e, nella furia, invece delle solite offese, dalla bocca gli sono uscite parole sulla strage. Poi ha preso un quaderno lo ha arrotolato sotto al braccio e ha fatto il gesto di sparare a tutti con un mitra, gridando ancora. È stato sospeso perché la rissa era l'ennesima. Ma poi la preside ha segnalato il caso ed è intervenuta la Digos. Si tratta di un bambino, è vero, ma un giorno sarà adulto ed è importante stabilire in che clima familiare stia crescendo. Quel che è certo è che lo zio risulta tra gli indagati nell' inchiesta sulla cellula islamica che, negli anni 2000, scosse Cremona: stavano preparando due attentati, al duomo cittadino e alla metro di Milano, su sei imputati quattro furono i condannati. di Alessia Pedrielli

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