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Lodo Mondadori, pg di Cassazione: "Sì al risarcimento, ma ridotto"

Cav & Ing

Il procuratore di Cassazione: "Necessario riquantificare una piccola parte del danno, pari a circa il 15%

Andrea Tempestini
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Deve essere ridotto, anche se di "poco" - le cifre non vengono snocciolate - il risarcimento, considerato "legittimo", dovuto alla Cir da parte di Fininvest. E' questa la conclusione del sostituto pg di Cassazione, Pasquale Fimiani, davanti ai giudici della terza Sezione Civile della Suprema Corte nell'ambito del cosiddetto Lodo Mondadori, il caso che vede contrapposti l'editore di Repubblica, Carlo De Benedetti, e Silvio Berlusconi. Questo l'ultimo capitolo della cosiddetta "guerra di Segrate", che arriva dopo la discussione del ricorso presentato dai legali Fininvest contro la sentenza con la quale, la Corte d'Appello di Milano, il 9 luglio 2011, aveva confermato il maxi-risarcimento, che in appello era stato ridotto da 750 milioni a 564,2 milioni di euro.  I tempi - La definitiva decisione dei supremi giudici, a questo punto, dovrebbe arrivare entro agosto: il codice di procedura civile precede che le sentenze debbano essere depositate entro un mese dallo svolgimento dell'udienza. Ma in questo caso, considerata la complessità della questione, in molti non escludono che il verdetto possa slittare a dopo l'estate: potrebbe servire più tempo per stendere le motivazioni, che verranno redatte dal giudice Giacomo Travaglino.  Nella giustizia civile le sentenze diventano immediatamente esecutive, ma in questo caso le due parti in questione, all'indomani della sentenza di primo grado, raggiunsero un accordo per congelare il pagamento in cambio di una fidejussione da 800 milioni prestati da quattro banche alla Fininvest in favore della Cir.  Il caso - Secondo il pg, la "lieve riduzione" del risarcimento stabilito dai giudici di secondo grado, riguarda la successiva rivendita delle opzioni L'Espresso e l'aumento equitativo del 15% rispetto agli interessi complessivi. Viene considerata "legittima" nel complesso la sentenza che stabilisce che la Fininvest debba risarcire Cir per il danno subito con l'annullamento, nel 1991, da parte della Corte d'Appello di Roma, del lodo arbitrale favorevole a De Benedetti sul controllo della Mondadori. Quella decisione, secondo quanto stabilito in sede penale in via definitiva, fu frutto di una corruzione in atti giudiziari per cui sono stati condannati il giudice Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora.   "Sentenza lecita" - Secondo il pg Fimiani, quella emersa dal processo sul Lodo Mondadori è una "situazione complessa", ma il risarcimento è "assolutamente legittimo". Secondo il pg "l'illecito si consuma nel momento in cui le parti si siedono al tavolo della trattativa e una di queste vìola il principio di lealta". Fimiani ha infatti insistito sul "principio fondamentale della buona fede nell'ambito del dovere di correttezza tra le parti che precede la conclusione di un contratto". Scontro tra legali - Durante l'udienza di oggi, giovedì 27 giugno, i legali di Fininvest hanno sostenuto che "Cir non ha diritto al risarcimento, tantomeno per cifre astronomiche. C'erano strade che la correttezza avrebbe voluto che Cir seguisse - ha rilevato il professor Romano Vaccarella, che è nel collegio difensivo della Fininvest - invece ha seguito un'altra strada e si è fatto a pezzi il codice di procedura civile. C'è una sentenza passato ingiudicato e Cir ha scelto di non utilizzare gli strumenti previsti dall'ordinamento per chiedere danni conseguenti da un reato". Di tutt'altro parere i legali della Cir: "Non è possibile - ha sostenuto l'avvocato Nicolò Lipari, difensore di Cir - che si formi il giudicato di una sentenza frutto della corruzione di un giudice. L'ipotesi revocatoria non poteva essere seguita, non c'era altra strada che quella del risarcimento del danno". Processo penale - Il giudizio penale, che si è concluso nel 2007, era incentrato sull'accusa a Fininvest di aver comprato una sentenza favorevole sulla titolarità di un pacchetto di azioni Mondadori. Il processo si concluse con la condanna definitiva per corruzione del giudice romano Vittorio Metta, che scrisse la sentenza, e con le condanne degli avvocati Previti, Pacifico e Acampora per corruzione. Berlusconi, invece, andò in prescrizione dovuta alla concessione di attenuanti generiche. Dopo le condanne, la Cir intentò la causa civile approdata in Cassazione.

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