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Terrorismo, Marco Minniti arma i poliziotti anche fuori servizio: la disposizione del Viminale

Andrea Tempestini
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Gli agenti siano sempre armati, anche quando sono fuori servizio. È questa, in sintesi, la nuova disposizione per la polizia penitenziaria, in seguito ai fatti di Barcellona. Subito dopo l'attentato sulla Rambla, infatti, il ministro dell'interno Minniti aveva convocato un vertice straordinario del Casa, il Comitato di analisi Strategica Antiterrorismo. Dalla riunione, alla quale hanno partecipato i vertici nazionali delle Forze di polizia, dei Servizi di Intelligence e i rappresentanti della sicurezza di Spagna a Roma, è emerso che i poliziotti dovranno sempre portare con s l'arma di ordinanza, anche quando non sono in servizio. Questo perché «un intervento tempestivo potrebbe contribuire alla limitazione del danno» in caso di attentato, si legge nella circolare diramata dal Dipartimento amministrazione penitenziaria alle direzioni delle carceri italiane. Più o meno, nel documento rivolto agli agenti di polizia penitenziaria si rievoca quello che è successo a Cambrils, dove un agente ha fatto fuori da solo quattro dei terroristi che stavano per lanciarsi sulla folla. Il quinto è stato ucciso da un «mosso de esquadra» in borghese, fuori servizio. Anche in Finlandia sono stati i poliziotti, armati, a sparare alle gambe all'accoltellatore di Turku. Quello che emerge dal documento del Casa è che in particolare gli agenti di polizia penitenziaria italiana dovranno fare particolare attenzione ai detenuti nordafricani o provenienti dalle aree di conflitto dove c'è la presenza dell'Isis, affinché vengano impediti «episodi di proselitismo o di radicalizzazione». Perché sono proprio le carceri uno dei luoghi a maggiore rischio. Quindi i poliziotti sono invitati a osservare i vari comportamenti dei detenuti sospetti e a comunicarli «ai competenti organi dipartimentali nonché a effettuare con ogni possibile attenzione i servizi istituzionali, specialmente quelli di vigilanza armata». A oggi i detenuti considerati a rischio in Italia, e quindi tenuti sotto stretta osservazione, sono 420, e tra questi sono 45 quelli detenuti in regime di massima sicurezza per reati di terrorismo. Il problema delle armi di ordinanza in dotazione agli agenti solleva, però, auna questione già evidenziata tempo fa, all'epoca dei fatti di Nizza, dai sindacati di polizia. A quel tempo l'allora ministro degli Interno Angelino Alfano chiese che gli agenti fossero sempre armati, ma i sindacati fecero notare che nonostante il rischio attentati sia assai da tempo concreto, agli agenti fuori servizio viene negato il porto d'armi. O meglio, viene negato loro il porto d'armi per difesa personale e quindi non possono detenere un'arma propria, solo quella di ordinanza, che è una Beretta 92, pesante più di un chilo e lunga 21 centimetri. Un'arma che in caso di attacco terroristico di sicuro sarebbe efficace, ma che è difficilmente mimetizzabile e scomoda da portare addosso e da maneggiare per un agente in borghese e non in servizio. Ma non sempre è stato così. Per anni i poliziotti erano autorizzati ad avere il porto d'armi per difesa personale e detenere un'arma più maneggevole, ma proprio in concomitanza dell'innalzamento della minaccia terroristica è stato loro tolto questo diritto. di Ilaria Pedrali

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