Cerca
Logo
Cerca
+

Legittima difesa, parla il tabaccaio Franco Birolo: "Costretto a chiudere il negozio per colpa dei ladri"

Gino Coala
  • a
  • a
  • a

Sabato, Franco Birolo, 53 anni, ex paracadutista della Brigata Folgore, sposato e papà di una ragazza che frequenta l' università, abbasserà per l' ultima volta la saracinesca della sua tabaccheria di Civè di Correzzola, 1.300 abitanti nel Padovano. Poi, forse, farà il contadino nei campi di famiglia. L' unica sua certezza è che in quel negozio, il suo negozio, non metterà più piede. Birolo, dopo mesi di tentativi, è riuscito a vendere le licenze. Ha dovuto farlo per racimolare parte delle decine di migliaia di euro spesi per difendersi nei sei anni di processo dall' accusa di eccesso colposo di legittima difesa. La notte tra il 25 e il 26 aprile 2012 Birolo ha ucciso con un colpo di pistola legalmente detenuta un delinquente moldavo, Igor Ursu, che assieme a tre complici aveva sfondato con un' auto la vetrina del suo negozio, collegato all' appartamento da una scala interna. I ladri stavano arraffando di tutto. Birolo, svegliato dal rumore del vetro in frantumi, è sceso in tabaccheria al buio. Ha urlato ai ladri di andarsene. Temeva che dopo aver svuotato gli scaffali potessero salire al piano di sopra dalla moglie e dalla figlia. Quando Ursu gli si è fatto sotto per tirargli addosso la cassa che aveva sradicato dal bancone, Birolo ha premuto il grilletto. Inizialmente il tabaccaio era stato indagato per omicidio volontario. Poi l' accusa è diventata «eccesso colposo di legittima difesa». In primo grado, nonostante il pm ne avesse chiesto l' assoluzione, Birolo è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere con l' obbligo di risarcire di 325 mila euro la madre e la sorella del moldavo: secondo il giudice per l' udienza preliminare (poi smentito dal processo) aveva colpito il ladro mentre era di spalle. La sentenza d' appello lo ha invece assolto «perché il fatto non costituisce reato». La decisione è stata confermata dalla Cassazione. Birolo, quanto ha speso in questi sei anni? «Non l' ho mai detto per rispetto del mio avvocato. Faccia lei i suoi conti: Graziano Stacchio, il benzinaio vicentino che ha sparato per difendere il gioielliere Roberto Zancan e la cassiera, ha speso circa 40 mila euro solo per la fase delle indagini preliminari. Il caso è stato archiviato, non è mai finito a processo, e ha comunque sborsato tutti quei soldi. Io invece ho affrontato tre gradi di giudizio e ho dovuto anche sistemare il negozio che mi avevano distrutto». Ha deciso di chiudere l' attività solo per problemi economici o c' è anche altro? «Innanzitutto devo finire di pagare il mio legale. Poi sinceramente ho paura che possa capitarmi di nuovo: non voglio trovarmi ad affrontare altri malviventi». Cosa farà da lunedì prossimo? «Mi dedicherò alla famiglia: per colpa di quest' incubo l' ho un po' trascurata. Mia figlia è andata a vivere da un' altra parte perché aveva paura e non reggeva più la pressione dei giornalisti. Quando andava a scuola tutti sapevano che aveva un papà indagato. I miei genitori hanno una certa età, li seguirò da vicino. Poi magari andrò nei campi per ricominciare. Spero con un po' di tranquillità di riuscire a farlo, anche se non è ancora detto che sia finita». In che senso? Ormai è stato assolto «In Cassazione la mamma e la sorella del ladro ucciso avevano presentato nuovamente la richiesta di indennizzo. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile. Nelle motivazioni della sentenza però i giudici hanno aperto un altro piccolo spiraglio ai familiari in base all' articolo 2045 del codice civile secondo cui l' autore di un fatto dannoso commesso in stato di necessità può essere tenuto a corrispondere un' indennità alla persona danneggiata. Guardi, sinceramente non so se abbiano dieci anni di tempo dal momento del fatto o da quando la sentenza è passata in giudicato, ma non ci voglio neanche pensare, dovrebbero aprire una nuova causa in sede civile. Potrei farlo anch' io per chiedere i danni a loro ma l' avvocato me l' ha sconsigliato perché non avrebbero i soldi per pagare». Ha mai incontrato in tribunale i parenti del bandito ucciso? «Sì». E cosa vi siete detti? «Niente». Se potesse tornare indietro rifarebbe tutto? «Se avessi saputo prima tutto quello che avrei dovuto affrontare, non lo avrei fatto. Ma cosa vuole, in quegli attimi ti passa davanti tutta la vita, è questione di una frazione di secondo, agisci d' istinto per difendere la tua famiglia, te stesso e il tuo lavoro. Certo, aver ammazzato una persona non ti fa vivere sereno. Però non avevo scelta, sono stato aggredito dentro casa mia». Che fine hanno fatto gli altri tre malviventi? «Uno, quello che sono riuscito a trattenere in negozio fino all' arrivo della polizia,, ha fatto tre mesi di prigione e poi è uscito. Volevo chiedere pure a lui un risarcimento, ma col rito abbreviato e gli sconti di pena non è stato possibile». E gli altri due? «Spariti. Nessuno mi ha fatto vedere le loro foto segnaletiche. Che ne so: magari erano già entrati in negozio e li riconoscevo». Si è sentito usato dalla politica? «No. C' è stato un vantaggio reciproco. Alcuni politici hanno guadagnato visibilità e io in tv ho cercato di spiegare le mie ragioni. Però adesso devono mettersi una mano sulla coscienza e cambiare la legge sulla legittima difesa». di Alessandro Gonzato

Dai blog