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Cesare Battisti davanti alle toghe: "Arrestato senza prove, ero in Brasile per lavoro"

Giulio Bucchi
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Desterà polemiche il primo verbale di Cesare Battisti davanti al magistrato di Sorveglianza di Cagliari che lo ha ascoltato in vista dell'incidente di esecuzione della sua istanza di commutazione della pena all'ergastolo in 30 anni. L'ex terrorista dei Pac, condannato per almeno 4 omicidi avvenuti negli anni 70, accusa le autorità italiane per quanto avvenuto lo scorso gennaio in Bolivia: "Mi hanno arrestato ma non mi hanno mostrato prova di niente. Ero residente in Brasile con documenti legali, lavoravo e avevo famiglia (moglie e figlio), lavoravo nell'ambito editoriale come scrittore e traduttore e scrivevo articoli giornalistici su eventi culturali". "Lunedì 14 gennaio - ricostruisce davanti ai magistrati - un agente mi ha notificato un provvedimento di espulsione dalla Bolivia, ho firmato il documento e mi è stato spiegato (e così era scritto anche nel documento) che avevo tre giorni per presentare un ricorso e che la risposta sarebbe giunta nei successivi cinque giorni, dal momento della risposta avrei avuto ulteriori venti giorni per lasciare la Bolivia e far rientro al mio Paese d'origine, ossia quello in cui avevo la residenza, ossia il Brasile". Leggi anche: Cesare Battisti, terrorista rosso senza vergogna. Come vuole sfuggire all'ergastolo "Le modalità riferite dal detenuto trasferito praticamente sulla pista di decollo dell'aeroporto da un aereo brasiliano ad uno italiano - spiegano i suoi legali, Davide Steccanella e Gianfranco Sollai - confermano che si è trattato di una mera consegna diretta alla polizia italiana di soggetto estradato dal Brasile. Si impone - ha aggiunto - quindi l'applicazione di quell'estradizione, perché non penso che lo Stato italiano possa eseguire una pena nei confronti di chi è stato condannato per avere violato la legge, senza a sua volta rispettarla". 

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