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Vaticano, ombre su Papa Francesco: chi ha fatto fuori e chi ha piazzato in un ruolo chiave. Come lo spiega?

Davide Locano
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Accadono cose, in Vaticano, che l' occhio e la mente del profano non riescono a decifrare, tanto appaiono incomprensibili, specie se messe in fila l' una dopo l' altra e inquadrate dall' alto, tutte assieme, come una foto scattata col grandangolare. Chi è lì dentro parla poco e se è ritenuto vicino a Joseph Ratzinger non parla per niente: una delle poche cose chiare è che non tira una buona aria, per gli uomini legati al papa emerito. Metà di questa storia, infatti, riguarda proprio loro. L' altra ha per protagonisti i sacerdoti cresciuti accanto a una persona che più diversa da Benedetto XVI non potrebbe essere: Theodore McCarrick, il grande predatore omosessuale nato a New York nel 1930 e ormai ex cardinale ed ex arcivescovo, essendo stato ridotto - giustamente, sebbene troppo tardi - allo stato laicale da Francesco, un mese fa. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, per gli amici e gli allievi dell' uomo responsabile dei più gravi peccati agli occhi della Chiesa questo è un momento magico: sono tutti in grande ascesa e nessuno di loro porta il peso del legame con McCarrick. Lo stesso non si può dire di chi era al fianco di Benedetto. A partire da due uomini simbolo. Leggi anche: "Prove distrutte": il cardinale vicinissimo al Papa confessa L' arcivescovo tedesco Georg Gänswein è stato segretario personale di Ratzinger prima e dopo la sua elezione al soglio di Pietro. Nessun dubbio che sia la persona più vicina al vecchio papa, il quale lo nominò anche prefetto della Casa pontificia, incarico nel quale fu confermato da Jorge Mario Bergoglio nel 2013. Lo stesso Francesco, a gennaio, ha tolto però a Gänswein l' unico ruolo visibile che ricopriva, quello di responsabile del coro della Cappella Sistina, chiamato a cantare durante le messe papali in San Pietro. Paga per le presunte colpe del maestro del coro, Massimo Palombella, denunciato per maltrattamenti nei confronti dei «pueri cantores», e del direttore amministrativo Michelangelo Nardella, ma il fatto che Palombella non sia stato rimosso, e Gänswein sì, fa pensare che il tedesco sia stato oggetto di un' attenzione particolare. Sorte opposta, a febbraio, è toccata al cardinale irlandese Kevin Farrell. Costui è l' uomo che per ben sei anni - dal 2001 al 2007 - aveva condiviso a Washington l' appartamento con McCarrick. Normale che nel 2018, quando lo scandalo è finalmente scoppiato, gli si chiedesse conto di quanto davvero conoscesse il suo amico e mentore, se fosse al corrente delle sue tendenze e dei suoi crimini, commessi per decenni anche nei confronti di seminaristi e giovani sacerdoti. Farrell ha risposto di essere rimasto «scioccato» nell' apprendere delle malefatte di McCarrick, assicurando di «non avere mai sentito nulla di tutto questo prima». Tesi che non convince altri porporati, tra cui il cardinale americano Raymond Burke, il quale disse che, «data la sua evidente vicinanza a McCarrick, è poco verosimile che Farrell non sapesse niente dei suoi atti gravemente peccaminosi». Bergoglio, comunque, non la pensa così. Tanto da avere nominato Farrell, pochi giorni fa, nientemeno che Camerlengo di Santa Romana Chiesa: un ruolo unico e importante, che fa di lui il curatore e l' amministratore dei beni della Santa Sede durante l' interregno tra due papi. Non è stato il solo allievo di McCarrick ad essere preso in simpatia dal pontefice in carica. L' altro nome ad avere fatto impressione (non in Italia, ma al di là dell' Atlantico sì) è quello dell' americano Blase Joseph Cupich. C' è un video del 2016, sul web, che spiega il rapporto tra i due meglio di ogni descrizione. È ambientato nel prestigioso Manhattan Club di New York e mostra il cardinale Cupich consegnare a McCarrick, all' epoca arcivescovo emerito di Washington, il premio "Spirit of Francis", che prende il nome da san Francesco e da papa Bergoglio. La motivazione appare tristemente ironica: l' anziano sacerdote riceve l' onorificenza per il suo «modo unico di lasciare un segno nella Chiesa». Nemmeno tre anni dopo, Cupich dirà che la vicenda McCarrick rappresenta «un momento molto triste e vergognoso nella nostra storia». I SOSPETTI Eppure molti credono che anche lui non potesse non sapere: le prime accuse nei confronti di McCarrick risalgono a oltre trent' anni prima e Cupich è stato collaboratore e amico di McCarrick, il quale ebbe un ruolo importante nella sua nomina ad arcivescovo di Chicago, avvenuta nel 2014. Anche in questo caso, i sospetti non hanno scalfito la fiducia di Francesco, che prima ha nominato Cupich presidente della Commissione per la protezione dei minori della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, quindi lo ha scelto come organizzatore del summit mondiale sulla pedofilia che si è tenuto a febbraio in Vaticano. Il gruppo degli allievi di McCarrick la cui carriera è decollata con papa Francesco si completa con Joseph Tobin, nato a Detroit e fatto cardinale da Bergoglio nel 2016. Tobin è l' uomo al quale nel 2017 è stata assegnata la diocesi di Newark, nel New Jersey, che dal 1986 al 2000 era stata affidata a McCarrick e nella quale costui commise moltissimi dei suoi abusi sessuali. Assunto l' incarico, Tobin si trovò subito sommerso dalle denunce nei confronti del suo maestro, alle quali però non dette seguito. Da notare che già nel 2005 erano stati raggiunti accordi legali con alcune delle vittime di McCarrick (il Vaticano sapeva? E Cupich, che lo avrebbe premiato anni dopo?); la diocesi di Newark, però, decise di tenere coperta la cosa. IN DISGRAZIA Altri sono caduti in disgrazia, durante il papato di Bergoglio, ma sono quelli che erano cari a Ratzinger: uomini di teologia, non di potere, aspetto del quale Benedetto XVI preferì non occuparsi, lasciandolo gestire al segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. I casi più clamorosi riguardano il cardinale tedesco Gerhard Müller e lo statunitense Burke. Il primo nel 2012 era stato scelto dal pontefice suo connazionale come prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede: di fatto il responsabile della dottrina, ruolo che lo stesso Ratzinger aveva ricoperto dal 1981, su chiamata di Giovanni Paolo II, fin quando non divenne papa. Nel 2017, con una decisione senza precedenti per chi ricopre quell' incarico, Bergoglio decise di rimuovere Müller, dopo averlo privato dei collaboratori. Il modo lo ha raccontato lo stesso cardinale a un quotidiano bavarese: «L' ultimo giorno del mio mandato, il papa mi ha informato in un minuto della sua decisione di non confermarmi. Non mi ha dato una ragione - proprio come non aveva dato un motivo per licenziare tre membri altamente competenti della Congregazione per la Dottrina della fede, alcuni mesi prima». Stesso trattamento riservato a Burke, che pure Ratzinger aveva definito «un grande cardinale» e fatto prefetto della Segnatura Apostolica, la "Cassazione" della Santa Sede. Prima, nel 2013, Bergoglio lo rimosse dalla Congregazione che sovrintende alla nomina dei vescovi. Quindi, l' anno dopo, lo ha tolto dalla Segnatura, nominandolo patrono dell' Ordine di Malta: incarico onorifico, un guscio vuoto, di solito destinato a cardinali più anziani dell' allora 66enne Burke. Costui - in Vaticano pochi hanno dubbi in proposito - paga anche la propria firma sulla lettera dei «Dubia», con cui lui e altri tre cardinali, nel 2016, chiesero a Bergoglio in che modo interpretare la sua esortazione apostolica Amoris Laetitia riguardo a temi fondamentali come l' ammissione alla Confessione e all' Eucaristia dei divorziati conviventi more uxorio. Domande che non hanno mai avuto risposta, come restano inspiegate certe promozioni e certe bocciature. di Fausto Carioti

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