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Amanda: dicevano che sapevo

E il NyTimes modera i toni

Albina Perri
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Amanda in aula oggi è meno sorridente. Incalzata dal pm Giuliano Mignini oggi ha ricostruito quell'interrogatorio che ieri aveva definito violento e con "suggerimenti". Su Patrick Lumumba, ingiustamente tirato in ballo nella storia dell'omicidio di Meredith, Amanda spiega che «non mi hanno detto è stato lui, ma sappiamo che hai incontrato lui». L'interrogatorio si svolse la notte del 5 novembre del 2007. «Volevano un nome - ha detto la Knox, parlando sempre in italiano - in relazione a chi ha fatto il delitto. Dicevano che io sapevo. Volevano sapere se non ricordavo o se ero una stupida bugiarda». Amanda ha riferito che il nome di Patrick emerse dopo che la polizia aveva trovato un messaggio inviato a Lumumba per questioni di lavoro sul telefonino dell'americana. «Dopo avere fatto il nome di Patrick - ha aggiunto - ho cominciato a piangere. Ho cominciato a immaginare la scena con immagini che non concordavano con quanto successo ma forse potevano spiegare». La Knox ha quindi detto di non conoscere il nome della poliziotta che in questura le diede «due scappellotti» come li ha chiamati il presidente della Corte Giancarlo Massei. Lo stesso giudice è dovuto intervenire stamani più volte per interrompere le parti. L'udienza si svolge infatti in un clima di tensione. Intanto il New York Times continua a seguire Amanda Knox nel processo che la vede imputata per l'omicidio di Meredith Kercher. Dopo l'articolo del premio Pulitzer Egan che la definiva “un'innocente all'estero” arriva un altro articolo, firmato da Rachel Donadio, intitolato “un'americana testimonia nel suo processo per omicidio in Italia". L'articolo è apparso oggi ed è senza dubbio meno polemico di quello di Egan che descriveva il caso contro la Knox come “un procedimento con così tante crepe ed così legato alla carriera di un potente procuratore italiano incriminato per comportamento scorretto che qualunque giuria seria lo avrebbe già ricusato da mesi”. Il pezzo della Donadio racconta la testimonianza della Konx partendo dal fatto che la ragazza è stata sentita per la prima volta come testimone dall'inizio del processo, per poi soffermarsi su quanto detto dalla ragazza davanti ai giudici. La testimonianza resa in precedenza le sarebbe stata estorta con metodi brutali, insulti e botte, dalla Polizia italiana. Particolare dell'articolo: la Donadio descrive solo in fondo al suo pezzo le prove tangibili, come le tracce di dna rinvenute sul coltello che avrebbe ucciso Meredith Kercher, a carico della Knox e del fidanzato Raffaele Sollecito.

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