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Carabiniere ucciso, Lee e Hjorth in carcere: la voce, l'ultimo sfregio al carabiniere ammazzato

Caterina Spinelli
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"Con noi non comunicano. Eppure l'inglese lo parliamo bene. Non ci dicono nemmeno thank you dopo che hanno finito di fare colazione, pranzo e cena. E sì che l'appetito ce l'hanno. E così mangiano, dormono e vedono la televisione tutto il giorno come se non fosse successo niente. Non appaiono per nulla preoccupati, sembrano piuttosto indifferenti, sarà pure per la loro giovane età. Certo due molto strutturati, proprio non ce l'aspettavamo". È questo quello che emerge dagli operatori del carcere di Regina Coeli, là dove Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth sono ora rinchiusi con l'accusa di omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. Non più in isolamento, i due americani si trovano insieme nelle rispettive celle con altri due stranieri più grandi di loro. Con questi - vuoi i punti in comune - l'affinità sembra non mancare.  Leggi anche: Carabiniere ucciso a Roma, il passato inquietante dei due assassini La bella vita per quei ricchi e indisciplinati giovani adesso è finita, nella Settima sezione (quella dei Nuovi Giunti) non si scherza affatto. Anche nell'ora d'aria concessa ai detenuti, Elder e Hjorth non possono neppure incontrarsi avendo liberi momenti distinti della giornata. Oltre alla possibilità di comunicare con gli agenti che parlano la loro lingua, da giorni vengono loro assicurati anche "massimo sostegno psicologico" e "massima attenzione", che vuol dire in pratica sorveglianza a vista per scongiurare il peggio. Anche per scegliere i loro compagni di cella, la direttrice, Silvana Sergi, ha richiesto diverse riunioni per verificare la compatibilità tra i detenuti. Sembra comunque che i due ragazzi non abbiano manifestato fino a ora esigenze particolari. Una cosa è certa: gli altri ospiti hanno mostrato ai due americani "indifferenza totale", raccontano dalla settima sezione quelli che si ricordano invece dei pianti di tanti altri accolti da insulti e grida dalle finestre vicine. 

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