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Caso Yara, Massimo Bossetti e le mail con Giovanni Terzi: "Pronto a morire per dimostrare la mia innocenza"

Giovanni Terzi
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In questo periodo di quarantena ho scambiato mail e lettere con Massimo Bossetti, colui che secondo la legge e per ben tre gradi di giudizio, si è macchiato del terribile omicidio della povera Yara Gambirasio il 26 novembre del 2010. Avrei voluto che questa intervista, fatta attraverso uno scambio epistolare, rimanesse nell'alveo di un patrimonio mio di conoscenza personale, ma alla luce dei nuovi accadimenti processuali non posso più permettermi di tenerla riservata. Chi mi segue sa che ho sempre nutrito grandi perplessità sulla colpevolezza di Bossetti. Oggi non voglio soffermarmi su questo ma su un semplice principio giuridico che prevede all'imputato di poter esaminare e verificare le prove che l'accusa ha trovato contro di lui.

Un principio giuridico sacrosanto che potrebbe riguardare ognuno di noi nel caso andassimo sotto processo e l'accusa non ci permettesse di verificare le prove trovate contro di noi. Un principio talmente semplice che sembra pleonastico doverlo spiegare. In questo caso si tratta della prova regina del Dna che a novembre del 2019 la Procura di Bergamo aveva consentito di replicare e che, improvvisamente, a maggio del 2020 ha negato. Tre sono state le conversazioni epistolari con Bossetti. Una datata il 25 marzo, una il 2 aprile ed una il 5 giugno. Le prime due erano speranzose di poter dimostrare che il Dna trovato sul corpo della piccola Yara non era il suo; nella terza c'è lo sgomento per, ancora una volta, la negazione di questa opportunità.

I FAMILIARI
«Bisogna trovare a tutti i costi la forza nel resistere e cercare di preservare quella poca dignità che ancora mi è rimasta e non mi è stata rubata». Perché resiste Signor Bossetti? A questa domanda il muratore di Mapello risponde scrivendo «fondamentalmente per i miei cari familiari che non hanno mai smesso di credere in me, per tutte le persone che mi stanno accanto e che mi vogliono bene e soprattutto perché dimostrare la mia innocenza è diventata fonte della mia ragione di vita». Ma Massimo Giuseppe Bossetti aggiunge un'altra frase: «Una persona innocente deve essere disposta a tutto, anche a morire, se dovrà essere necessario farlo... signor Terzi, che voglia crederci o no, la mia colpa è quella di essere innocente e il vero problema è di essere un cittadino assalito da un terribile errore giudiziario».

 

 

Bossetti continua scrivendo, il 25 marzo, che «è molto difficile poter ammettere la realtà dei fatti con una semplice e banalissima ripetizione di un dato non graniticamente accertato al 100%. Signor Terzi, mi permetto di fare un paio di domande: secondo lei è questa la Giustizia Italiana che ogni cittadino italiano vorrebbe nell'essere sempre e più protetto e tutelato? È questa la Giustizia che calpesta ogni diritto di difesa offrendo benefici soltanto se mi dichiaravo colpevole? Come si può accettare ogni forma di benefici non avendo commesso il fatto? Quando riuscirete a rispondermi a queste domande capirete quanto di disumano ho subito e continuo purtroppo a dover subire».

Alla lettera di Massimo Bossetti ho risposto con una mail dove facevo altre domande riferite al momento storico che stava vivendo, l'isolamento nelle carceri a causa del Covid. Una domanda era sull'ultimo libro che aveva letto. «Il segreto della libertà e del successo di Napoleon Hill. Questo libro è carico di suggestioni e può dare una mano per uscire dalla inerzia e dalla negatività per poter intraprendere la via di un futuro più roseo, migliore e molto più gratificante».

L'INTERVISTA
Il libro scritto nel 1938 da Napoleon Hill è pensato come un'intervista tra lo stesso Hill ed il diavolo che viene chiamato Sua Maestà, quest' opera mostra come superare gli ostacoli che si incontrano nella propria vita e suggerisce come raggiungere gli obiettivi che ci si prefigge. Bossetti mi scrive: «In realtà a parte la cultura, in questo momento, mi piacerebbe poter scrivere una mail al mondo. Perché proprio al mondo mi chiederà lei dottor Terzi? Per chiedere che ci fosse meno cattiveria e meno disumanità nel genere umano e avere più comprensione e più cuore per le ingiustizie che ci vengono inflitte senza concentrarsi sul perché tutto questo debba avvenire».

Come si sente in questo momento? «Signor Terzi sono avvolto all'inferno; sono disperato perché mi manca tutto l'amore di chi fuori mi vuole bene e mi chiedo quando smetterò di soffrire così tanto e soprattutto quando riuscirò di smettere di vedere trasparire dagli occhi dei miei figli tanta ingiusta sofferenza. Sono certo che riuscirò a dimostrare la mia più totale estraneità, ma non so quando». Il 5 giugno mi arriva un'altra mail da parte di Massimo Bossetti. È di qualche giorno prima la notizia in cui la Corte d'Assise di Bergamo aveva risposto negativamente alla revisione da parte della difesa del Dna dopo che la stessa Corte a Novembre aveva acconsentito. «...nessuno può capire davvero quanto sia dura sia fisicamente che psicologicamente. Ogni ora è un giorno ed ogni giorno è una settimana e la sofferenza si abbatte giorno e notte nello status di detenuto, aggravato ancor di più da una accusa infamante quale l'omicidio di una povera bambina».  

LO SFOGO
«Speravo che andando avanti le cose prendessero una giusta via avendo la Corte di Bergamo ufficialmente autorizzato i miei legali a visionare i reperti. Invece a sette mesi di distanza quella via che sembrava spianata è diventata faticosa e piena di ostacoli ... Una persona normale dovrebbe chiedersi come mai non viene autorizzata la ripetizione da parte della difesa dei reperti da me implorata da sei anni. Non so più a chi ed in che modo io mi debba rivolgere per essere ascoltato e capito... Anche se un magistrato mi avrà tolto la libertà di movimento, comunque sia, non potrà mai togliermi la libertà che sta nelle mie ragioni e convinzioni nell'essere innocente. Forse verrò abbandonato da tutti ma non da Dio, con Lui troverò sempre le forze nel lottare giorno dopo giorno a questo crudele massacro giudiziario fino al mio ultimo battito respiro di vita». Così si conclude lo scambio epistolare tra Massimo Bossetti e me. Una domanda, a questo punto, appare evidente: perché non dare la possibilità alla difesa (peraltro già accordata) di analizzare i reperti per il DNA visto che è stata acclarata la loro esistenza?

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