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Coronavirus, Paolo Becchi e l'analisi sul rapporto tamponi-contagi: tutti i difetti del test, cosa proprio non torna

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
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I «tamponi» che vengono ora praticati al ritmo di 250mila al giorno producono oltre 30mila nuovi «contagiati» al giorno e un totale di circa 1 milione di infetti da Covid-19. Ma ci sono almeno otto problemi evidenti che ruotano intorno all'utilizzo dei tamponi.

1 - In Italia si fa il test anche a chi non ha sintomi, cosa che in altri paesi non si fa. Ad esempio: il Belgio il 19 ottobre ha smesso di fare tamponi a chi sta bene e da allora il numero di «contagiati» giornalieri è calato.

2 - In Italia i tamponi sono tarati a più di «35 cicli». È noto però che oltre 30 o 32 cicli la probabilità di trovare tracce di qualcosa di attivo siano «minuscole». Negli Stati Uniti e in Asia si fermano a 30 o 32 «cicli di amplificazione». In parole povere, un tampone italiano positivo in altri paesi non sarebbe valido.

3 - I tamponi non sono certificati per individuare il virus, ogni manuale di diagnostica del tampone lo dichiara. Ad esempio il tampone può confondere tracce di Rna del Sars-CoV-2 con quelle di altri virus.

4 - La corsa a produrre centinaia di migliaia di tamponi fa sì che siano sempre meno affidabili, ad esempio uno studio apparso questa settimana per la Scozia ha trovato che la probabilità di risultare positivo è doppia il venerdì rispetto alla domenica: la domenica si pulisce il laboratorio e si cambiano i reagenti, a fine settimana c'è più contaminazione. E tutti questi i morti di Covid allora?

5 - L'Istituto Superiore della Sanità indica che l'età media dei morti Covid è 81 anni, nel 70% dei casi già con 3 patologie e nel 90% dei casi con 2 patologie. In Italia muoiono 600mila persone l'anno e l'età media dei deceduti è 81 anni e nel 90% dei casi hanno 2 patologie. In altre parole, se si passa dai casi singoli alla statistica, chi muore infettato dal virus è molto anziano e già malato. Dato però che gli ospedali ricevono 2 mila euro al giorno per pazienti Covid esiste un forte incentivo a classificare come Covid il più possibile.

6 - Dato tutti quelli che per qualunque motivo finiscono in ospedale sono sottoposti al tampone, è evidente che un certo numero di persone che stavano morendo per altre cause sono state trovate anche «positive» e segnate come morti di Covid.

7 - L'Istat ha calcolato da gennaio ad agosto l'aumento del totale dei deceduti dell'8,6% (per tutte le cause) su base nazionale. Se estendiamo il periodo ad un intero anno, dal 1 novembre 2019 ad oggi, l'aumento si riduce. I morti in eccesso della media sono quindi meno dei 38mila classificati come «Covid»: sono circa 35mila negli ultimi 12 mesi. Dato che 600mila italiani in media muoiono all'anno, 35mila diviso 600mila è uguale a 5.5%. Una variazione del genere o anche maggiore è già accaduta, ad esempio nel 2015, quando i decessi aumentarono di oltre 40mila unità.

8 - Curiosamente, l'influenza nel mondo sembra sparita da quando è arrivato il coronavirus. L'Organizzazione Mondiale della Sanità sul suo sito documenta come dalla Cina all'emisfero Sud (dove era inverno fino a poco fa), al Canada o altri paesi dove già fa freddo i morti e ricoverati per influenza e polmoniti siano quasi spariti. Questo sembra indicare che i maggiori morti per Covid-19 sono in parte compensati da meno decessi per influenza.

Conclusione. I morti a causa del virus sono probabilmente meno di quelli ufficiali, perché molte persone sopra gli 80 e con già tre diverse patologie che stavano morendo sono risultati positivi e contati come «morti di Covid». In ogni caso, l'aumento dei decessi su base nazionale negli ultimi 12 mesi è del 5%, piuttosto modesto. Per la sanità (privata e pubblica) in Italia si spendono però circa 180 miliardi l'anno. La politica del lockdown è costata, secondo le stime, 180 miliardi. Con il lockdown distruggiamo quindi una quota di reddito pari all'intera spesa sanitaria annuale.

 

 

 

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