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Vaccino, ne abbiamo pochi e non li usiamo: ecco quanti rimangono nei frigoriferi, il flop-Italia

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La campagna di vaccinazione non decolla: dopo un inizio promettente, l’Italia è scivolata nelle graduatorie europee di somministrazione del serio, rivelandosi tra i paesi più in ritardo. E neanche Mario Draghi sembra poter invertire la rotta, almeno nell’immediato, dato che Astrazeneca ha fatto sapere che delle oltre 40 milioni di dosi che ci aveva promesso riuscirà a distribuirne al massimo 5 milioni e 300mila entro fine marzo e forse altri 10 milioni fino a giugno. Praticamente meno della metà di quello che si era stimato sotto Natale. 

 

 

Inoltre al ministero della Salute e negli uffici del commissario Domenico Arcuri non sono affatto convinti che Astrazeneca riuscirà a rispettare gli impegni per il secondo trimestre, dato che ha già buttato le mani avanti: “Non è ancora possibile fare previsioni dettagliate. Si è verificata una produttività inferiore alle stime nello stabilimento destinato alla produzione europea”. A questo si aggiunge un altro problema, ancora più inquietante: gran parte delle dosi finora consegnate da Astrazeneca sono rimaste in frigorifero. 

 

 

Non solo, sul totale dei tre vaccini disponibili - si legge su La Stampa - più di una dose su quattro (quasi il 30 per cento di quelle consegnate) rimane nei frigoriferi. Il dato diventa ancora più disastroso in relazione ad Astrazeneca: finora sono state iniettate nemmeno due dosi su dieci, questo significa che su un milione e 50mila dosi consegnate ne sono state usate meno di 200mila tra personale scolastico, forze armate e medici privati under 55. L’auspicio è che con l’autorizzazione a vaccinare fino ai 65 anni e l’arruolamento dei medici di famiglia come vaccinatori si possa giungere a un’accelerata in questo senso. Ma resta il fatto che al momento Regioni come Lombardia, Piemonte e Calabria sono ancora a zero con Astrazeneca. 

 

 

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