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Papa Ratzinger e le dimissioni, "Giorgio Napolitano sapeva". Nomi e date, la pista che porta al Quirinale

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Nuove pesanti rivelazioni su Papa Ratzinger e la sua storica decisione di dimettersi. A rilanciarle è il blog StanzeVaticane di Tgcom24, curato dal vaticanista Fabio Marchese Ragona. Come rivela anche Francesco Antonio Grana, altro vaticanista di vaglia per il Fattoquotidiano.it, nel suo libro Cosa resta del papato, a essere a conoscenza dell'addio anticipato di Benedetto XVI, comunicato al mondo l'11 febbraio 2013, era anche l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La fuga di notizie in realtà parte un anno prima, il 30 aprile 2012, quando Ratzinger ne parlò per la prima volta con il cardinale Tarcisio Bertone, suo segretario di Stato.

 

 

 

 

Quindi lo rivelò "ad altre tre persone a lui vicinissime: il suo confessore, un sacerdote polacco della Penitenzieria Apostolica; suo fratello maggiore, monsignor Georg Ratzinger; e il suo segretario particolare, monsignor Georg Gänswein". Si arriva dunque al 4 febbraio 2013, pochi giorni prima della "bomba", quando Ratzinger comunicò la svolta imminente sia al Quirinale sia a monsignor Alfred Xuereb, per 5 anni e mezzo suo segretario in seconda.

 

 

 

 

 

La sera del 10 febbraio, le cose iniziano a "precipitare" anche se solo una manciata di persone è davvero a conoscenza di quanto annuncerà Ratzinger poche ore dopo. L'allora sostituto della Segreteria di Stato, il futuro cardinale Angelo Becciu, secondo quanto ricostruito da Grana, telefona all'allora advisor della comunicazione in Vaticano Greg Burke (futuro direttore della Sala Stampa della Santa Sede) "chiedendogli di arrivare un po’ prima del solito in ufficio la mattina successiva". Motivo, anche per lui, off limits, per evitare che la notizia potesse in qualche modo arrivare nelle redazioni dei giornali prima dell'annuncio formale di Papa Benedetto XVI. Un clima di diffidenza comprensibile, forse, vista la portata epocale della notizia.

 

 

 

 


"Il giorno prima del concistoro - sottolinea Grana -, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, in modo del tutto inusuale, telefonò a casa di ciascun cerimoniere pontificio per assicurarsi la loro presenza a quell’appuntamento". Il clima di attesa spasmodica, dunque, monta di ora in ora. Il 10 febbraio, si rivede in maniera definitiva il testo delle dimissioni che ancora oggi tante polemiche e "interpretazioni" sta provocato. "L'autografo del Papa - ha spiegato il cardinale Bertone - porta in un primo testo la data del 7 febbraio e, successivamente ad una piccola correzione ortografica nel testo latino, considerata anche la necessità di una precisa traduzione in italiano e nelle altre lingue, il testo definitivo porta la data del 10 febbraio".

Un dettaglio per certi versi sconvolgente è il fatto che a essere tenuto all'oscuro di tutto è stato anche l’allora direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il gesuita padre Federico Lombardi, che "apprese della decisione di Benedetto XVI soltanto pochi minuti prima dell’inizio del concistoro, quando dall’Ufficio informazione e documentazione della Segreteria di Stato gli arrivò sotto embargo il testo delle dimissioni". Non a caso, la conferenza stampa venne di fatto "improvvisata" e la Sala Stampa vaticana, "deserta fino a pochi minuti prima, fu letteralmente presa d’assalto".

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