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Mascherine, la "vergogna" di Domenico Arcuri sulla pelle dei poliziotti: agguato alla loro salute

Brunella Bolloli
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Le mascherine di Arcuri date ai poliziotti. Che le nostre forze di polizia fossero poco considerate, a giudicare dalla mancanza di strutture e strumenti per lavorare, e da alcuni commissariati presi come le capanne, lo si sapeva, ma che anche le si mandasse al fronte con i fucili di cartone, questo no. In data 21 ottobre, dalla Regione Puglia, e particolarmente dalla presidenza della Giunta regionale, sezione protezione civile, è stata diramata una disposizione urgente avente per oggetto: «Emergenza Sars Cov 2 - segnalazione Dpi da richiamare». La nota è contenuta in una circolare del ministero dell'Interno, dipartimento Pubblica Sicurezza, e indirizzata alle questure, alla scuola per la formazione della polizia, alle scuola superiore di polizia, ai reparti mobili della polizia di stato, alla direzione centrale della prevenzione e ad altri uffici dove si chiede l'immediato blocco e il ritiro dei citati dispositivi. I dispositivi sono «alcune tipologie facciali filtranti distribuite anche alla polizia di Stato dalla struttura del commissario straordinario per l'emergenza Covid». Leggi Domenico Arcuri.

 

 

 

«Si dispone- c'è scritto- il blocco immediato dell'utilizzo e il richiamo di quanto di seguito indicato». E cioè mascherine FFP2 e FFP3. A margine a penna c'è anche scritto: «Urgente, dare massima diffusione alle strutture interessate e adempiere», «urgentissimo, trasmettere a tutti gli uffici». Poi continua: «Le mascherine in giacenza dovranno confluire entro e non oltre il 9 novembre nella sede della protezione civile». Ora appare chiaro, che con tutte le incombenze dei poliziotti e il mantenimento dell'ordine pubblico, ci mancava solo fare la cernita alle mascherine. Le fiamme gialle stanno cercando di recuperare quel che resta di quelle nocive ma quelle che sono andate, sono andate. Una fornitura che parrebbe essere stata ottenuta da un gruppo di imprenditori del comitato d'affari finito sotto accusa per le relazioni personali tra Mario Benotti e Domenico Arcuri, che avrebbe garantito provvigioni per 72 milioni di euro. L'inchiesta riguarda le mascherine provenienti dalla Cina di cui sono stati sequestrati 800 milioni di pezzi. Ma ai poliziotti. Ai poliziotti no. Il ritiro avrebbe riguardato anche dispositivi distribuiti a Venezia. «Le mascherine richiamate dalla direzione centrale di sanità e di cui è stato disposto il ritiro - dice Fabio Conestà, segretario generale Movimento Sindacale Autonomo di Polizia (Mosap) - sono state distribuite durante la prima fase della pandemia dalla struttura del commissario straordinario per l'emergenza Covid-19. Dubito che ce ne siano ancora in giro.

 

 

 

Quelle mascherine non a norma e che non hanno superato l'analisi del filtraggio, sono state utilizzate dai nostri colleghi esposti a grande rischio. Penso a esempio a quelli impegnati negli hotspot». Insiste il sindacato: «È una vergogna e come sempre, il peso e le conseguenze dei pasticci, in questo caso nella questione dell'acquisto delle mascherine, ricade sui colleghi, vanificando l'immenso sforzo che tutta la nostra amministrazione e il dipartimento hanno messo in campo in questo terribile periodo di emergenza. Non è la notizia in sé a stupirci. Ciò che spiace e che ci indigna, è che a farne le spese sono stati i nostri colleghi ai quali sono state distribuite mascherine che di fatto non li proteggevano». Anche a Roma era accaduto ad aprile scorso. Dal sequestro da parte della Gdf di oltre un milione e mezzo di mascherine pericolose perla salute effettuato a Gorizia si era chiesto il ritiro dei dispositivi anche al reparto Prevenzione Crimine del Lazio. 

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