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Variante Xe, Sergio Abrignani: tutto quello che dobbiamo sapere sull'ultima mutazione-Covid

Claudia Osmetti
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«Un virus come il sars-cov2 muta continuamente e può quindi generare delle varianti. La variante Xe, che è apparsa recentemente nel Regno Unito, è un ibrido tra Omicron e Omicron 2». Sergio Abrignani, immunologo dell'Università Statale di Milano, non si affida a (facili) slogan o a battute a effetto. Non è nel suo stile. È piuttosto uno che centra il punto, Abrignani, parla pane al pane e racconta le cose come stanno. Cioè come le sta monitorando la scienza perché, alla fine, la questione è ancora tutta lì: «È stata riportata appena da una settimana», spiega, «deve ancora essere studiata a fondo per capire, effettivamente, quanto impatterà sulla pandemia. Però, sappiamo, per esempio, che fa parte della famiglia Omicron, per cui non dovrebbe riservarci grosse sorprese».

Dottor Abrignani, Xe sfuggirà all'efficacia dei vaccini?
«È il punto. I vaccini che abbiamo adesso sono stati tarati sul ceppo di Wuhan e non su Omicron. Per questo non sono molto efficaci sulle infezioni, malo sono, invece, sulla malattia grave. Chi ha fatto tre dosi è protetto fino al 92%, è un'ottima base di partenza. E dovrebbe valere anche per la variante Xe».

C'è chi afferma, tuttavia, che sia più contagiosa. Si legge anche del 10%...
«La fermo perché è difficile fare questo genere di misurazioni. La verità è che non lo sappiamo ancora. Dobbiamo osservarla meglio e serve del tempo. Non dovrebbe essere l'"armageddon" del covid, però».

Insomma, dormiamo sonni relativamente tranquilli...
«Sì, perché ci siamo vaccinati e abbiamo fatto bene».

 

 

Servirà la quarta dose?
«L'Fda e il Cdc (la Food and drugs administration, cioè l'ente statunitense che si occupa della regolamentazione dei farmaci, e i Centers of disease control che fanno prevenzione sulla sanità pubblica negli Usa, ndr) hanno rilasciato un comunicato nel quale scrivono che non fa male. Però, contestualmente, non aggiungono che sia anche efficace».

Cosa vuol dire?
«Che i vantaggi sono minimi. È la stessa conclusione a cui sono arrivati anche i ricercatori israeliani».

Ma se serve anche solo a salvare qualche vita...
«È un giusto ragionamento e lo accetto. Però lo sa qual è il problema? Sono i tempi».

Cioè?
«Se facciamo la quarta dose adesso, quindi se partiamo con la macchina organizzativa nelle prossime settimane (e questo se va tutto per il meglio), vaccineremmo fino a luglio gli ultra50enni. E poi, forse, dovremmo riattivare una vaccinazione di massa a ottobre, quando ci saranno, almeno si spera, i vaccini bivalenti. Mi sembra abbia poco senso».

I vaccini bivalenti?
«Sia Pfizer che Moderna stanno mettendo a punto un vaccino che varrà sia per il coronavirus che per l'influenza. Di nuovo, occorre aspettare. E, soprattutto, procedere a passi comuni, almeno in Europa. Sarebbe un ottimo strumento».

Questo "benedetto" covid scomparirà prima o poi?
«Non pensiamo che andrà via, piuttosto diventerà endemico. Come l'influenza stagionale. Dopo due anni di emergenza ce ne siamo dimenticati, ma anche l'influenza è una cosa seria».

In che senso?
«In passato, nelle annate più leggere faceva circa sei milioni di contagi, mentre in quelle più pesanti più del doppio. Sappiamo che un influenzato su mille muore a causa delle complicanze. Omicron ha una letalità simile fra i vaccinati, mentre fra i non vaccinati muore uno su cento di chi si infetta».

Caspita, messa così fa impressione. Eppure c'è chi ancora è contrario...
«I non vaccinati corrono dieci volte di più il rischio di morire per coronavirus di chi si è vaccinato. Vuole sapere, in concreto, cosa significa?».

 

 

Cosa?
«Che ogni giorno, in Italia, su una media di 120 vittime, un numero che oscilla tra quaranta e cinquanta è quello delle persone decedute unicamente perché non hanno voluto vaccinarsi».

Il governo ha deciso di non rinnovare lo stato di emergenza e sta procedendo alle riaperture, seppure a scaglioni. È la scelta giusta?
«È una scelta inevitabile. La politica deve tener conto di tanti fattori, quello economico per esempio. E poi il fatto che la gente è stanca. Abbiamo preso questa strada, non siamo gli unici. Ora percorriamola con grande attenzione».

I bollettini quotidiani parlano ancora di un numero significativo di casi: dobbiamo preoccuparci?
«I numeri giornalieri lasciano il tempo che trovano, meglio le medie settimanali. L'Iss (Istituto superiore della sanità, ndr) dice che la media è in miglioramento. Abbiamo avuto una ripresa dei contagi che non ci aspettavamo, ma adesso si sta stabilizzando e sembra sia arrivata al suo picco, per cui probabilmente scenderà».

Arriva anche la bella stagione, che dovrebbe aiutare... ma è vero che la conta delle infezioni è sottostimata, come sostiene qualcuno?
«Sicuramente. Molti si fanno il tampone a casa. Ma tocca aggiungere che è stato così anche nelle ondate precedenti».

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