Umberto Gastaldi, il prof malato e il (pazzesco) gesto degli alunni di 40 anni prima

di Caterina Maniacidomenica 5 marzo 2023
Umberto Gastaldi, il prof malato e il (pazzesco) gesto degli alunni di 40 anni prima
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Guardare fuori da una finestra, fare quattro passi in un cortile, aspettare il pranzo e la cena, parlare con gli infermieri, offrire un caffè, alle macchinette. Certo, non è la stessa cosa di quando lo offriva ai suoi studenti, a Torino, ai tempi del liceo. Lui, il professor Umberto Gastaldi: eh, sempre in giacca e cravatta, mica si scherzava con Lui. Ma adesso, tutta un’altra storia. Questa è la vita dentro una casa di riposo, una rsa, come si dice adesso. Ma l’acronimo neutro non serve a mascherare la realtà. Qui non c’è da divertirsi, ma insomma.

Lui comunque non si rassegna, 82 anni, ex professore di filosofia. Ex, va bene, però sempre innamorato di quella materia che ha insegnato per tanti anni, cercando di farla comprendere, amare anche dai ragazzi più distratti e recalcitranti. Cercando di far capire loro quanto sia importante leggere, sa usare il cervello, non si fa imporre le idee. I libri continuano ad essere la sua passione, eppure anche da quelli si è dovuto separare. Dopo la pensione, una nuova vita a Vicenza, nel 2008. Poi l’ospedale, la sofferenza... Guardare fuori la finestra e non pensare più a niente.

Ma mentre il professor Umberto se ne sta nel suo angolo, qualcuno pensa a lui, lo cerca, vuole ritrovarlo. Allievi dei lontani anni Ottanta, nel liceo scientifico Gobetti di Torino. C’è chi non hai smesso di informarsi, di sapere come vive il prof, ma negli ultimi tempi più nessuna comunicazione, nessun segno di vita. Che sta succedendo? Così Nicoletta Bertorelli, classe V D, si preoccupa e mette in allarme anche gli altri ex compagni di classe. E dopo 40 anni, come se non fossero mai passati, si ritrovano, si sentono vicini e decidono di ritrovare il professore. Passano al setaccio tutti reparti ospedalieri di Vicenza, parlano con i vicini di casa, fanno ricerche in tutte le direzioni e finalmente, dopo infinite telefonate, ecco che prende corpo la voce del prof, che dice che è vivo, che se la cava ma ha un pensiero che lo tormenta ogni momento: «Prendete voi i miei libri, trovate e conservate le mie lettere».

E loro lo promettono, perché sanno che in quei libri, e in quelle lettere c’è concentrata la sua intera esistenza e il suo pensiero, austero, autentico, restìo a farsi influenzare da mode e cambiamenti. «Nella sua casa di Vicenza ha catalogato l’intero suo epistolario. Tra i volumi di Gramsci e Nietzsche stampava e archiviava anche ogni nostra e-mail».

Perché lui, nonostante tutto, ha anche imparato a usare le nuove tecnologie. Anche se il vero dialogo è sempre con i suoi libri, sottolineati, annotati... D’altra parte, non ha mai voluto accattivarsi le simpatie degli allievi, era severo, voleva che prendessero la scuola e lo studio come una cosa seria, severo, ma pronto ad offrire i famosi caffè ai ragazzi prima di entrare a scuola. Racconta la storia Nicoletta, oggi docente romana, proprio di filosofia, al Corriere del Veneto. A dicembre si rende conto che il professore non si fa più vivo, non ci sono più messaggi da parte sua. Così inizia la ricerca. La preoccupazione corre sul web e si diffonde in Italia, da nord a sud, e in Europa, persino oltreoceano.

Persino un ex allievo dalla Nasa chiede di fargli avere i suoi saluti. Perché una volta scoperta dove si trova l’ex docente e quali sono le sue condizioni di salute non si ferma tutto qui. Tutti quelli che possono fanno i turni per andarlo a trovare, si mettono in collegamento tra loro per risolvere i problemi pratici, per aiutarlo concretamente. «Adesso che lo abbiamo trovato non lo lasceremo più», promettono. L’idea è quella di far trasferire il professore all’Istituto salesiano San Filippo Neri di Lanzo, vicino a Torino, perché quell’edificio, una volta era una scuola e lì il giovanissimo Umberto aveva frequentato il liceo. Una storia triste, ma con un lieto fine. In un panorama desolante fatto di botte, video umilianti, persino sparatorie, in cui i docenti sembrano dover entrare in trincea, più che entrare in classe, le figure del professor Gastaldi e dei suoi ex allievi emanano una bella luce di consolazione.