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Santo Graal in Italia? Ecco dove si trova, storia stravolta

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Claudia Osmetti
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Acerenza, un piccolo borgo in provincia di Potenza, circa 2mila anime, è un paesino arroccato a 833 metri d’altezza che pare una fortezza. Stretto stretto sul cocuzzolo di una collina, a due passi dal lago omonimo, un serpentone per arrivarci e tutto racchiuso intorno alla sua cattedrale. Che è un gioiellino romano-gotico costruito sui resti di una chiesa paleocristiana, ma che è anche la culla dei “misteri della Basilicata”. Un po’ Dan Brown e un po’ il mito dei templari, a cavallo tra verità storiche e leggende che un fondo di realismo ce l’hanno sempre e quando non ce l’hanno fa niente: è il fascino dell’ignoto che fa il resto. Santa Maria Assunta e San Canio vescovo: la navata centrale, l’altare maggiore, il presbiterio, la cripta. E quei racconti, che magari si mischiano, sicuramente s’ingigantiscono, di certo contribuiscono all’alone di segreto che aleggia. Secondo qualcuno questa cattedrale di provincia custodirebbe addirittura il santo Graal, il calice utilizzato da Gesù Cristo durante l’ultima cena e nella cui coppa sarebbe stato raccolto il suo stesso sangue dopo la crocifissione. Secondo qualcun altro qui è sepolta Maria Zaleska Balsa, la figlia del conte Vlad Tepes Hagyak III, noto al mondo intero col nome di Dracula: pare che per scappare dai turchi si sia rifugiata in Italia e, assieme al marito Giacomo Alfonso Ferrillo, tra il 1520 e il 1524, abbia fatto restaurare proprio la chiesa di Acerenza.

Non è che uno ci deve credere per forza, però alla fine rimane a guardare. Come ad Albano di Lucania, alla “seggia del diavolo”, che è un monolite alto più di dieci metri, con un “cappello” formato da un masso enorme e una panchina ricavata nel mezzo che sembra il busto di un essere demoniaco (forse gli antichi lucani lo utilizzavano come luogo per i riti sacri). Oppure come al paesino fantasma di Craco, una manciata di case completamente abbandonate dopo una terribile frana nel 1963 che ha lasciato in piedi solo rovine, abitazioni dismesse e i ruderi di una torre normanna. O ancora come le leggende sulla Gioconda che raccontano di come, la musa di Leonardo, fosse in viaggio col marito nei dintorni di Lagonegro, ancora vicino a Potenza, quando morì. Quindi venne sepolta in zona.

 



Che sia vero o no non ha importanza, anche perché quella di Da Vinci con la Basilicata è una storia particolare: nel 2008 venne scoperto un autoritratto del maestro, un pannello di legno, sulla cui datazione gli esperti sono incerti così come sulla sua effettiva attribuzione. Ma tanto basta, il “ritratto lucano” attira ogni anno migliaia di turisti a Vaglio (1.800 abitanti). La Metaponto di Pitagora e la valle dei templari (a Castelmezzano è stata portata alla luce una croce a otto punte e una porta segreta la cui iscrizione recita «Qui abiterò poiché l’ho scelto, o stella mattutina» che era un motto caro ai crociati; mentre il fondatore dell’ordine dei templari, Ugo dei Pagani, potrebbe essere nato a Forenza). Il “turismo del mistero” tuttavia si concentra in massima parte su Acerenza e piccolo particolare: da dove deriva il nome? Forse (si sbilancia a ipotizzare qualcuno) proprio da Acheronte, che era il fiume che collegava il mondo dei vivi con quello dei morti?

 

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