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Meteo, ecco la prova definitiva che zittisce i catastrofisti

Giancarlo Mazzuca
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A leggere certi giornali, sembra quasi che il tornado che ha messo sott’acqua quelle terre definite da Giovanni Pascoli come “Romagna solatìa” sia stato causato esclusivamente dal cambiamento climatico. Come dire: un fatto ineluttabile. Non è proprio così e la conferma arriva da un nostro lettore che è anche un mio grande amico, Sandro Giardina. Mi scrive, infatti, che basta recarsi a Ravenna in via Salara, angolo via Cavour, nel centro della città, per scoprire un’antica targa in marmo che ci dice che anche in passato questi luoghi erano stati al centro di cataclismi. Quella lapide ricorda come, nella notte tra il 27 e il 28 maggio del 1636, gli straripamenti dei fiumi Ronco e Montone avessero inondato la città intera: le acque superarono i due metri d’altezza raggiungendo i secondi piani delle abitazioni. E anche allora tanti romagnoli vennero messi in salvo dalle barche di soccorso.

Proprio in seguito a quel nubifragio il governo pontificio che amministrava queste terre avviò, nei decenni successivi, un grande piano di interventi idraulici quali la deviazione e la riunificazione, lontano da Ravenna, delle acque dei due fiumi (Ronco e Montone) che divennero i Fiumi Uniti. Venne pure creato un canale, intitolato a Clemente XII, papa Corsini, che congiunse la città al mare Adriatico. Il regista di tutti quei lavori fu il mitico cardinale Giulio Alberoni che fu illuminato anche se in Romagna non gode tuttora di una grandissima fama perché, tra i tanti incarichi, è stato al servizio di Filippo V di Spagna. Non solo: fu protagonista dell’occupazione di San Marino, la cosiddetta occupazione alberoniana. Ma Sua Eminenza ha continuato ad insegnarci che non bisogna guardare soltanto al cielo per scongiurare i disastri meteorologici ma occorre restare sempre con i piedi per terra: anche gli enormi danni alluvionali di questi giorni sono dovuti, in particolare, ad una cattiva gestione del suolo; vallo a spiegare ai molti sindaci che sono oggi sulla plancia di comando delle località romagnole, quegli stessi sindaci che poco hanno fatto, in questi anni, per fronteggiare le tante emergenze atmosferiche.

A leggere certi comunicati diffusi negli ultimi giorni resti anche un po’ interdetto perché se da una parte questi personaggi - che, in moltissimi casi, sono anche ambasciatori del potere rosso – dicono di aver fatto l’impossibile nel fronteggiare i tanti sos degli ultimi tempi, dall’altra questi vertici locali non sottovalutano affatto l’entità dei danni subìti in questi giorni, anzi. Sembra quasi che, in vista del Consiglio dei ministri “ad hoc” di domani, la parola d’ordine sia una sola: drammatizzare.

 

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