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Foggia, tabaccaia uccisa: il killer? Doveva essere già espulso

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Simona Pletto
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Era clandestino, era stato espulso e si era reso irreperibile. Dunque, era libero di girovagare per le nostre città, libero di rapinare di nuovo e, come è successo, di uccidere. Moslli Redouane, 43 anni compiuti proprio il 3 settembre, marocchino con precedenti e senza fissa dimora, è stato fermato e arrestato ieri dai carabinieri del Comando provinciale di Foggia. È accusato di omicidio e rapina aggravata. Sarebbe lui l’autore dell’assassinio della 72enne Francesca Marasco, la titolare della tabaccheria di via Marchese de Rosa a Foggia, uccisa a coltellate alla gola e al torace lunedì scorso nel suo negozio. La vittima aveva riaperto proprio quella mattina la sua attività, dopo alcuni giorni di pausa estiva. Attorno a mezzogiorno l’uomo è entrato nella sua tabaccheria e in pochi minuti si è consumata la tragedia. La donna avrebbe reagito quando il marocchino ha allungato le mani sulla cassa per rubare poche decine di euro.

L’uomo, nativo di una città vicina a Casablanca, era destinatario di un decreto di espulsione dal territorio italiano disposto in seguito ad una serie di reati, tra cui altre rapine, che avrebbe commesso. L’ultima, per cui ha scontato quattro anni di carcere a San Vittore, l’aveva compiuta a Milano. Il recente provvedimento di espulsione, comunque, non gli era mai stato notificato in quanto l’uomo era irreperibile a causa del suo continuo peregrinare tra varie città italiane. Dalla Lombardia aveva raggiunto Napoli, poi Foggia, cittadina nella quale era arrivato lo scorso 11 luglio. I carabinieri lo hanno rintracciato e bloccato sabato notte alla stazione di Napoli. A incastrarlo, la testimonianza di un passante e le telecamere di sorveglianza che si trovano in un edificio non distante alla tabaccheria. Dalle immagini gli inquirenti sono riusciti a identificare il rapinatore e a ridisegnare la sua via di fuga. Il marocchino, poco dopo il delitto, si è liberato dell’arma, rinvenuta quasi subito dai carabinieri, e degli abiti insanguinati.

 

 

 

Li ha posti in un sacchetto di plastica e gettati in via Mameli, una strada poco distante dalla tabaccheria. Prima di abbandonare la donna a terra in una pozza di sangue, le ha preso il cellulare che – secondo gli inquirenti- avrebbe rivenduto poco dopo a terze persone. Gli uomini dell’Arma l’hanno interrogato diverse ore. Alla fine, ha confessato. «L’ho uccisa - ha detto agli inquirenti, - ma non volevo». Secondo quanto riferito dal legale dell’uomo, l’avvocato Nicola Totaro, Redouane Moslli era un cliente della tabaccaia e aveva deciso di rapinarla: «Perché il lavoro che svolgeva come bracciante agricolo nelle campagne di Torremaggiore - spiega, - dove raccoglieva pomodori ma in nero, gli dava poco guadagno». E ancora avrebbe dichiarato agli inquirenti: «E siccome non gli volevano fare un contratto, allora ha deciso di rapinare la tabaccheria». Un contratto che, col decreto di espulsione in corso, sarebbe stato comunque di difficile attuazione. L’assassino soggiornava in un dormitorio di Foggia.

L'uomo ha confessato che la mattina del 28 agosto, in difficoltà economiche, «armato di coltello è entrato nella tabaccheria, puntando l’arma alla gola della vittima, ferendola una prima volta perché la donna si sarebbe mossa». Poi avrebbe tentato di portar via soldi, 75 euro, presi dalla cassa, ma la titolare avrebbe cercato di bloccarlo e l’uomo l’avrebbe ferita al torace con il coltello dalla lama appuntita. Poi la fuga durante la quale avrebbe tentato di disfarsi del cellulare della vittima. Sempre secondo quanto dichiarato, l’uomo, che seppur clandestino parla bene l’italiano, sarebbe stato intercettato da un cittadino foggiano mentre tentava di buttar via il telefono e glielo avrebbe consegnato. Poi, dopo essersi disfatto degli abiti indossati durante il delitto, sarebbe rimasto a Foggia per alcuni giorni fino a quando, ricostruisce il legale, resosi conto della gravità del fatto, ha tentato la fuga a Napoli dove è stato rintracciato. Secondo il legale «si è trattato di una rapina finita in malo modo, poiché non ha saputo gestire la situazione e non aveva alcuna volontà di uccidere la vittima. Non era né ubriaco, né drogato». Nei prossimi giorni si terrà l’udienza di convalida.

 

 

 

 

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