Cerca
Cerca
+

Giorgia Meloni, i contestatori di Torino? Ridicoli nipoti dei sessantottini

Hoara Borselli
  • a
  • a
  • a

Cari ragazzi che ieri avete messo a ferro e fuoco le strade di Torino, io penso che voi abbiate tutti i diritti di protestare. Volete gli affitti meno cari, volete un reddito dello studente, volete sussidi, aiuti, prebende? Io non sto a discutere queste cose. Non so se siano richieste giuste (non credo) ma al momento non mi interessa. Quello che vorrei contestarvi è un altra cosa. Il metodo. Voi avete scelto la protesta dura, la manifestazione, la violenza. Ve lo dico persino con amicizia: è una stupidaggine.

Tanti anni fa Vittoria Ronchey moglie del celebre giornalista Alberto Ronchey - scrisse un libro di successo che si intitolava: Figlioli miei, marxisti immaginari. Si rivolgeva a quella generazione di ragazzi, troppo giovani per avere fatto il ‘68, che però credevano di essere ancora nel ’68. «Marxisti immaginari»: due paroline secche che trasformavano il fervore ribelle di quei ragazzi in una cosa da ridere. Siamo lì. A me viene un po’ da ridere guardando le vostre imprese.

 

 

 

Voi vi sentite degli eroi, ma siete dei burattini piccoli piccoli. Negli anni settanta le proteste erano così: cortei immensi, spesso la sera del sabato, moltov, violenze, assalti. Quei ragazzi che oggi hanno settant’anni fecero tremare il potere con la carica di violenza e di illegalità che portavano. Beh, oggi tutto è cambiato. È cambiata la società, sono cambiati i conflitti, i contrasti, i dissensi, le strategie.

 

 

 

Negli anni settanta esisteva la prospettiva del comunismo. Era su quella prospettiva, folle, che si misurava l’estremismo. Gli estremisti volevano la rivoluzione. E la rivoluzione è distruzione, sangue, sopraffazione. Inevitabile. Oggi la prospettiva è molto più modesta: impedire la Tav, oppure ridurre il consumo della benzina, o contenere il prezzo degli alimentari, avere un sussidio per l’affitto, due lire di argent de poche. Capite la differenza? Se cambia tutto ma non cambiano i metodi di lotta sapete cosa succede? Esattamente quello che diceva Carlo Marx (scusate se oggi lo cito continuamente...).

 

LA STORIA

Diceva il vecchio saggio che la storia si presenta sempre due volte: la prima in forma di tragedia, la seconda in forma di farsa. Già proprio così: guardando le immagini dei folli scontri di Torino pensi proprio a quello: alla farsa. Amici miei, sessantottini immaginari, smettetela di credere di essere uguali ai vostri padri, o zii o nonni. Non lo siete. Vi siete accorti che in quelle piazze che una volta si riempivano con decine di migliaia di persone ora siete sì e no duecento? Vi siete accorti che le vostre urla e le vostre violenze non spaventano più nessuno, ma semplicemente fanno danni e feriti? Vi siete accorti che non c’è più un pezzo di società che vi segue, vi sostiene?

E allora cercate di capire: se è cambiata la società devono cambiare anche i metodi della lotta. Quali metodi nuovi si possono usare? Ce ne sono tanti. I giornali, le tivù, il web, i social che danno possibilità infinite di diventare influenti e di far girare le idee e di raccogliere consensi. E poi c’è un altro metodo. Un po’ vecchio ma sempre efficacissimo. Il voto. Ne avete mai sentito parlare? Può essere utilissimo. Serve a costruire opposizioni o addirittura a candidarsi a governare il paese. Vi sembra una cosa eccessiva? Voi dite che però per fare opposizione o per governare servono idee forti e genuine. Vero. Ce le avete delle idee? No? Beh, allora il problema è quello. 

Dai blog