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Carceri, anziani dietro alle sbarre: quanti sono, il caso del 90enne al 41bis

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Simona Pletto
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Fanni Sisinia, 74 anni, l’altro ieri sera, nella sua casa di Bonagia, a Palermo, ha strangolato la figlia Maria Cirafici di 44 anni, con problemi di depressione. La madre reo confessa dell’omicidio della figlia, è stata arrestata ed è finita in carcere. Fanni è la detenuta numero 2541 nella fascia degli over 65, su un totale di 51.179 carcerati, di cui 18.894 stranieri per un costo giornaliero di 152 euro al giorno. Un popolo in costante crescita quello dei “nonni” tra le sbarre (deteniamo il primato nella Ue per detenuti ultra sessantacinquenni), nonostante la legge preveda che - in via ordinaria- 70 anni sia il limite massimo per la privazione della libertà per motivi di giustizia. In realtà non c’è alcun automatismo. Ogni caso viene valutato a se, e il destino di questi anziani in bilico tra carcere, detenzione domiciliare o strutture alternative, è sempre nelle mani del giudice di turno.

Risultato: negli istituti penitenziari italiani alla fine dello scorso anno erano presenti oltre mille detenuti con più di 70 anni di età (993 solo nel 2021 secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), più del doppio di quanti ce ne fossero dieci anni prima. Non mancano i reclusi che hanno raggiunto la soglia dei 90 anni, soprattutto gli ergastolani che sono al 41 bis. Anziani con le ovvie patologie legate alla loro età, compresi i tumori. Molti altri di loro, comunque, non hanno commesso gravissimi reati. Eppure, per tanti, l’ ipotesi di detenzione domiciliare - che ha una finalità umanitaria dettata dalla circostanza che il superamento di una certa soglia di età comporta -, in alcuni casi non viene applicata. Poi ci sono i casi di disperati, di persone sole che non hanno più legami familiari, molte provenienti dalla strada. Vista l’età e la malattia, potrebbero accedere alle misure alternative, il problema è che non ci sono posti. E il carcere, che rimane l’unica accoglienza possibile, si trasforma inevitabilmente in un deposito. E infine ci sono gli anziani che i giudici considerano recidivi, oppure pericolosi socialmente.

 


Tutto questo va a ingolfare una macchina detentiva già in affanno nel nostro Paese, dove oggi si conta un sovraffollamento di 9mila unità. Non solo: in Italia ci sono 1.956 camere di sicurezza, di cui solo 1.230 abilitate. «Servono nuove carceri», lamenta Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). «O, in alternativa, occorre aprire nuovi padiglioni detentivi in quelle esistenti, oltre ad assumere altro personale di polizia penitenziaria». E aggiunge: «I detenuti anziani che più spesso muoiono in carcere sono quelli appartenenti al circuito alta sicurezza, o 41 bis, perché hanno un fine pena mai».  Poi ci sono i “nonni” rinchiusi nelle patrie galere, liberati in via straordinaria. Casi particolari, come quello dei tre detenuti anziani che nel 2019 hanno ricevuto la grazia dal presidente Mattarella. Pensiamo all’88enne Graziano Vergelli, che era stato condannato a 7 anni e 8 mesi per aver ucciso la moglie malata di Alzheimer.  Storia analoga quella di Vitangelo Bini, 89 anni, che doveva scontare una condanna a 6 anni e 6 mesi per l’omicidio della moglie, che era malata di Alzheimer. Persone quasi novantenni che sono state recluse in carcere. C’è anche il caso della sarda Stefanina Malu, 83 anni, morta dopo una carcerazione per aver custodito droga per conto di qualche banda. In Italia l’età media dei carcerati è di 42 anni, e abbiamo il maggior numero di ultra cinquantenni (15.255, il 28% del totale in carcere), oltre alla quota più alta in termini assoluti di over 65 dietro alle sbarre (il 4,7% del totale).

 

 

Qualcuno di loro ne approfitta addirittura per studiare: nel 2023 sono stati 15 i reclusi over 65 che hanno frequentato un corso di alfabetizzazione, 10 i “maturi” stranieri. E c’è anche chi ha puntato in alto: nello stesso anno sono stati 171 i detenuti sopra i 60 anni (su un totale di 5.423) che si sono laureati. E dire che Piercamillo Davigo, ex pm del pool di “Mani pulite” finito nei guai per rivelazione di segreto d’ufficio, di recente aveva ironizzato sul fatto che in carcere, lui, non ci sarebbe andato per via dell’età. Ovviamente l’ex componente del Csm, ha potuto dormire sogni tranquilli. Anche perché la pena massima per lui in primo grado è stata di un anno e tre mesi. E ovviamente ha fatto appello. A parte Davigo, per tutti gli altri detenuti l’età non c’entra. Come abbiamo visto, gli ultrasettantenni, anche bisognosi di badanti, nelle carceri italiane non mancano. Donne incluse, come il caso di Fanni. Che non sarà di certo l’ultimo.

 

 

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