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Strage di Erba, l'uomo misterioso al piano terra: perché può cambiare tutto

Edoardo Montolli, Felice Manti
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Pubblichiamo di seguito il capitolo “L’uomo dei misteri” tratto dal libro Olindo e Rosa – Il più atroce errore giudiziario nella storia della Repubblica, di Edoardo Montolli e Felice Manti, edito da Algama. Il libro ha la prefazione del magistrato Cuno Tarfusser ed è in vendita da oggi, in ebook, su tutti gli store e come libro su Amazon in edizione Pod.

Non sappiamo quanti fossero gli assassini. Ed è quindi possibile che abbiano preso vie di fuga diverse. Chi uccise Valeria Cherubini poté uscire dalla portafinestra e passare dai tetti? I verbali non chiariranno mai se quella portafinestra fosse chiusa. Si sarebbero potute analizzare le tegole, che in seguito furono cambiate perché rotte, ma il comandante Gallorini ritenne non fosse necessario dato che, a occhio, si era convinto che lì sopra non ci fosse sangue. Un’altra via d’uscita era il terrazzino di casa Castagna. L’assassino che aveva ucciso Valeria Cherubini riuscì a passare davanti a Mario Frigerio nel momento in cui Ballabio e Bartesaghi erano scesi di sotto? Non lo sappiamo, ma esiste un dato incontrovertibile: nel corridoio dell’appartamento di Raffaella Castagna, sulla parete opposta rispetto al portoncino d’ingresso, fu trovata dai Ris una traccia di sangue verosimilmente da imbrattamento denominata E55.

 

 

 

Il problema è che si tratta non del sangue di Raffaella, di Paola o di Youssef, ma proprio del sangue di Valeria Cherubini. Perché si trovava lì? Anche questo dato scientifico cozza con le confessioni di Olindo e Rosa, che, dopo aver colpito la donna sul pianerottolo, dissero di essere scesi di sotto dalle scale. Ma è certo che il sangue della donna fu rinvenuto nel corridoio della casa di Raffaella. Chi aveva colpito Valeria, anche solo la prima volta davanti all’ingresso, era dunque rientrato in casa Castagna – Marzouk. Sul terrazzino dell’abitazione vi era poi una traccia di sangue, denominata F43, all’epoca scientificamente non interpretabile. Qualcuno poté uscire dal terrazzino e fuggire in due modi: o saltando giù, fuori dalla corte, dove Manzeni e Chencoum videro degli extracomunitari. O arrampicandosi con facilità sul tetto, l’unico posto mai controllato con analisi scientifiche. (...) Infine, c’era l’uscita principale: il portoncino. Il posto più impensabile. Forse. Perché ovviamente, chi grondava sangue sarebbe stato additato e riconosciuto. Ma altri no. Ne Il grande abbaglio avevamo raccontato infatti una strana discrasia che emergeva dalle sommarie informazioni inerente la famiglia dei siriani che abitavano sotto casa di Raffaella.

Khalouf aveva dichiarato che un ragazzo sui venticinque-trent’anni, molto più giovane del vigile del fuoco Bartesaghi, gli aveva bussato alla finestra della cucina per avvertirlo dell’incendio, invitandolo a uscire. E lui, presa la sua famiglia, se n’era andato. Monica Mengacci, moglie di Ballabio, aveva confermato di aver visto Khalouf e la moglie Heba Baddoura andar via con i due bimbi piccoli avvolti nelle coperte. Ma Glauco Bartesaghi ricordava di aver visto un uomo da solo, proprio davanti alla porta dei siriani, cui aveva chiesto il cellulare per chiamare il 115. E i siriani, come i tunisini e i marocchini, hanno pelle olivastra. Possibile, ci chiedemmo, che quello non fosse Khalouf, già uscito con l’intera famiglia? Possibile che si trattasse dell’uomo del commando che faceva da palo e rimasto in trappola per l’arrivo dei soccoritori?

A processo, Khalouf, che parlava assistito da un interprete, prima disse di non aver dato il cellulare a nessuno. Poi ammise che sì, lo prestò. Scrive oggi la difesa nella richiesta di revisione, che Bartesaghi non vide il siriano Khalouf Abdulkarim che abitava al piano terra e ciò lo si ricava dal fatto che Bartesaghi disse in dibattimento che l’extracomunitario che incontrò riferì di abitare da solo. Invece, il siriano abitava al piano terra con l’intera famiglia, composta dalla moglie e da due figli piccoli. Bartesaghi vide, dunque, un extracomunitario che non abitava nella palazzina. Anche la moglie del Bartesaghi, Canali Claudia la quale si trovava nella corte allorquando il marito fece ingresso nella palazzina, ha riferito di aver visto un extracomunitario da ella evidentemente non conosciuto vicino al cancello e, dunque, all’uscita della corte, il quale le disse di riconsegnargli il telefono che aveva dato al marito.

Questo soggetto, evidentemente, fungeva da “palo” e non venne in alcun modo individuato. Sicché è rimasto completamente sconosciuto alle indagini. Un uomo del commando può davvero essere uscito dal portone principale? Abdulkarim Khalouf all’epoca faceva il muratore. Sua moglie Heba Baddoura era ingegnere, ma in Italia lavorava come casalinga occupandosi dei due figli piccoli. Da tempo non vivono più a Erba. Ma non sappiamo neanche se stiano in Italia. In fondo, sono passati 17 anni. Il 2 novembre 2023, uno degli autori di questo libro, Edoardo Montolli, prova a rintracciarli sui social. C’è una donna, su Facebook, che risponde al nome Heba Baddoura. Vive a Damasco, capitale della Siria.

Ci sono pubblicate le foto di due figli. Ma è ovviamente passata una vita. Non sappiamo se sia lei. Ed è come mandare un messaggio in bottiglia. In tutti questi anni, però, ne abbiamo mandati tanti: «Buongiorno, mi chiamo Edoardo Montolli e da 16 anni scrivo della strage di Erba sostenendo l’innocenza di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Vorrei domandarle se lei sia la signora che viveva nella corte di via Diaz a Erba nel 2006, insieme a marito e figli. In altri casi, la prego di scusarmi per il disturbo. Grazie». Nessuno risponde, né dopo un giorno, né dopo più settimane. Quando ormai abbiamo perso le speranze, la sera del 4 dicembre 2023 arriva una risposta: «Sì, sono la donna che viveva in Europa e io, i miei figli e mio marito siamo stati molto colpiti, psicologicamente e finanziariamente, da questo massacro disumano. La paura si è impadronita di noi e non abbiamo trovato alcun risarcimento o apprezzamento da parte del vostro governo. Siamo tornati in Siria in queste condizioni difficili, senza acqua, senza elettricità, senza istruzione e senza beni necessari per la vita. Cosa vuoi? Ora da noi dopo tutto questo tempo?? Questi criminali hanno ucciso senza coscienza e suo marito ha tratto beneficio dalla sua morte, noi siamo gli unici a essere danneggiati e a perdere tutto. Io sono un ingegnere medico e mio marito è un commerciante. Volevamo poter continuare la nostra vita in Italia e che i nostri figli studiassero e imparassero la migliore istruzione».

Spieghiamo che no, noi pensiamo che Olindo e Rosa siano innocenti. Lo scriviamo dal 2007. Raccontiamo cosa sta accadendo e precisiamo: «Una consulenza sui consumi di corrente elettrica in casa di Raffaella Castagna documenta come lei e suo marito avevate ragione nel dire che in quella casa ci fosse qualcuno due ore prima della strage. Io vorrei fare a voi soltanto due domande. La prima: lei, suo marito e i figli siete usciti tutti insieme dall’appartamento e dalla corte quando scoppiò l’allarme, o suo marito è rimasto inizialmente nel palazzo della strage e vi ha raggiunto più tardi? Suo marito prestò il cellulare ad una donna per chiamare i soccorsi? Solo questo. Tenga però conto che le vostre parole possono salvare la vita di due persone sepolte all’ergastolo da 17 anni. Grazie infinite se vorrà aiutarmi nella ricerca della verità». La donna traduce in inglese. E allora rimandiamo la domanda in inglese per fare prima.

Poi, risponde così: «Dopo la testimonianza dell’uomo dell’ultimo piano a cui è morta la moglie, le confessioni dei criminali e la messa in scena del delitto, questi tentativi di scagionarli non servono a nulla. Dopo questo lungo periodo i nostri ricordi non sono certo più forti, sono passati 17 anni, vi chiedo scusa». Insistiamo: «Io credo che possiate ricordare se siete usciti tutti insieme dalla corte quella sera e se suo marito prestò il telefono a qualcuno. Credo che quei momenti non si possano dimenticare. Spero che mi voglia aiutare a cercare la verità». La risposta è questa: «Uscivamo insieme di casa e del cortile e mio marito non dava mai il cellulare a nessuno». E poi: «Certo, momenti indimenticabili, ma alcuni dettagli per noi non contavano più, siamo partiti con i nostri parenti nel palazzo di fronte, mio marito è andato con alcuni parenti per informarsi su cosa fosse successo». Ma allora, se i siriani uscirono tutti insieme, se Khalouf non prestò il telefono e tornò nella corte con alcuni parenti per chiedere cosa fosse successo, chi era quell’uomo, solo davanti alla loro porta visto da Bartesaghi? Chi era l’uomo che chiese a Claudia Canali di ridargli il cellulare?

 

 

 

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