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Da Milano a Bologna, ideologia contro i veicoli. E l'inquinamento sale...

Tommaso Lorenzini
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Per chi vuole divertirsi fra numeri e mappe interattive, basta digitare https://www.iqair.com/it/. È il sito della IQAir, azienda svizzera che, attraverso la sintesi dei dati raccolti da un numero non precisato di centraline, sensori e rilevatori dislocati in tutto il pianeta, studia la qualità dell’aria. E stila una classifica quotidiana basata sull’indice AQI (Air Quality Index) che si concentra sulla misurazione di particolato Pm10, quello Pm 2,5, monossido di carbonio, ozono, biossido di azoto e biossido di zolfo. La prima città italiana in questa non invidiabile classifica? Milano, piazzatasi ieri al 18esimo posto con un valore AQI di 122, a metà nel settore di riferimento “101-150”: tradotto, il tipo di aria «non salutare per soggetti particolarmente sensibili». Non c’è da preoccuparsi, venerdì scorso il capoluogo lombardo è riuscito ad essere la nona grande città peggiore al mondo per qualità dell’aria, scendendo poi al decimo posto nel tardo pomeriggio: 155 il valore AQI, semplicemente «non salutare».

C’è effettivamente poco da stare allegri se il podio, ad esempio sempre quello di ieri, appare irraggiungibile: al terzo posto Dehli (India) con 190; al secondo Dhaka (Bangladesh) con 197; clamorosamente prima Accra, la capitale del Ghana, dall’altissima (purissima...) quota di 314. C’è molto da chiedersi invece sul perché la città italiana gestita dal sinda Beppe Sala (Pd), che si è auto-nominata capofila alla lotta all’inquinamento utilizzando come arma principale la guerra all’automobile, non riesca a raggiungere risultati apprezzabili, duraturi, che diano un senso compiuto alla direzione intrapresa. Forse non accade perché restringendo le corsie per i veicoli a favore delle piste ciclabili (molte delle quali improbabili per non dire pericolose, vedi quelle di corso Buenos Aires e corso Monforte) e facendo sparire i parcheggi si sta più tempo in giro col motore acceso? Forse perché la lotta alle auto è più ideologica che logica? Del resto Bologna, l’altra grande città italiana (anche questa amministrata dalla sinistra), su spinta del sindaco piddino Matteo Lepore ha da poco varato la stretta dei 30 km orari su quasi tutto il territorio comunale. Servirà a ridurre gli incidenti e aiutare l’ambiente, il messaggio diramato dal Comune. Ma se nelle prime due settimane del nuovo limite i sinistri sono calati del 21%, riguardo alla sostenibilità ambientale non c’è molto da dire: non si sa se funziona.

 

 

E non lo dice Libero, lo spiega al Corriere Economia Giovanni Lonati, professore di Inquinamento atmosferico del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano: «La premessa da fare è che gli studi su questo tema sono ancora pochi e che i risultati cambiano a seconda degli inquinanti che si prendono in considerazione». «Il punto», continua il docente, «è che non c’è una risposta univoca. Nel caso degli ossidi di azoto, sappiamo che una diminuzione della velocità di marcia contribuisce a ridurne l’emissione», eppure, «è più difficile, però, avere dei dati puntuali sulle emissioni di CO2, su cui oltre al consumo di carburante dei veicoli a combustione interna, può anche incidere il regime di moto dei veicoli ibridi». Per stare sicuri, comunque, meglio “tagliare” le gomme agli automobilisti...

 

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