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Castelnuovo Magra, il paese che raccoglie soldi per salvare l'ultima bottega

Claudia Osmetti
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È uno di quei paesini che sono la spina dorsale d’Italia. Piccino, fa poco più di duecento anime. Fiero, i suoi abitanti non si danno per vinti facilmente. Di provincia, e in particolare della provincia spezzina, in Liguria, arroccato lassù, in mezzo ai colli, tutto vicoli e case l’una a fianco all’altra. Castelnuovo Magra è uno di quei piccoli borghi dove fare comunità non è un modo di dire. Ne sanno qualcosa Rosita Bellocchio e Maria Aida Bibolini. Due donne, due imprenditrici, due castelnuovese attaccate alla loro cittadina.

SOLIDARIETÀ PAESANA

È che hanno (anzi, avevano) un problema a Castelnuovo. Il primo gennaio ha chiuso i battenti l’unico negozietto di alimentari che c’era. La bottega “dalla Dona”, resiste ancora l’insegna in cartonato, nessuna luce al neon, sotto a una tendina di plastica, era un’attività poco redditizia per il precedente proprietario. L’utenza è quel che è, le compere vanno di conseguenza, e chi è che investe, oramai, nei Comuni più minuscoli, magari in quelli più sperduti?

Eppure, chi ci vive, è così a Castelnuovo ma è così in mezzo Paese, ha bisogno di servizi. Non tutti hanno una macchina e possono scendere nella piana per fare la spesa. Agli anziani, il pane, chi lo porta? E la frutta, la verdura, quella che non si può prendere nell’orto perché adesso è febbraio e le zucchine non sono di stagione? Si sono rimboccati le maniche, a Castelnuovo. E hanno aperto una raccolta fondi per riaprire quell’alimentari che non era solo un alimentari, era a metà tra un ritrovo sociale e un presidio per la cittadinanza. Diciamocelo subito, questa è una storia a lieto fine.

Perché (uno) in poco più di un mese il “finanziamento collettivo” ha raggiunto quota 13mila euro; (due) Rosita e Maria Aida si son fatte avanti e hanno deciso di imbarcarsi in una nuova sfida («Non vogliamo creare un alimentari nudo e crudo, ma un servizio sociale», dicono, «tutti i paesani se lo devono sentire loro e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti»); e (tre) l’amministrazione comunale ha deciso di contribuire con un bando ad hoc per le nuove attività sul territorio.

Funzionerà così: ogni aderente (sono circa duecento le donazioni raccolte) all’iniziativa ha diritto a una piccola quota; i soldi racimolati servono a pagare l’attrezzatura, i materiali, ovviamente la merce da mettere in vendita e lo stipendio della commessa che verrà assunta; i residenti sono chiamati anche a una sorta di “impegno morale”, cioè ad acquistare il più possibile lì e un po’ meno nei super della zona; l’apertura effettiva è prevista perla prossima primavera. «Ci siamo impegnati», dice il sindaco di Castelnuovo Daniele Montebello, «a garantire alle attività un contributo di 3mila euro per cinque anni proprio con lo scopo di tenere vivo il commercio: l’apertura della bottega è un ottimo segnale». Lo è per davvero e mica solo per questo paesino a una ventina di chilometri da La Spezia e a cinque dal primo ipermercato locale.

 

 

 

SERRANDE ABBASSATE

In Italia, tra il 2012 e il 2023, hanno chiuso oltre 111mila negozi al dettaglio, 15mila solo l’anno scorso, e 24mila attività di commercio ambulante. Vuol dire che una bottega (come quella “della Dona”) su cinque non ce l’ha fatta. E non c’entrano, o c’entrano solo a metà, gli anni neri del Covid: queste sono cifre fotografate dall’ufficio Studi della Confcommercio, reali che più reali non si può. Tanto per farsi un’idea: fino al 2022, e in particolare modo nei centri storici rispetto alle periferie delle città, gli alimentari sono crollati del 7%, ma negli scorsi dodici mesi quella percentuale è salita al 12,5%. Ci sono i supermercati, certo, e per fortuna, ma nelle realtà piccole come quella di Castelnuovo il negozio di vicinato è ancora un punto di riferimento imprescindibile. Senza eccezioni. 

 

 

 

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