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Negozi chiusi col caldo, orari stravolti: cosa può accadere in estate

Luca Puccini
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La proposta arriva da Bologna, ma potrebbe riguardare anche il resto d’Italia. L’estate. Quando fa caldo. Quando a metà pomeriggio boccheggi e ti rintani in casa, col condizionatore accesso al massimo e tre cubetti di ghiaccio dentro la brocca del tè. Ché l’idratazione è importante e mica vuoi finire al pronto soccorso per un collasso causa temperature oltre soglia. Di certo, in quelle condizioni, non ti viene in mente di uscire per andare a fare shopping. Manco se ci sono i saldi di fine agosto, manco se quel costumino che adocchi da un mese e mezzo te lo regalano per quattro spicci. «Dovremo abituarci a ragionare in maniera diversa sugli orari della città», dice Giancarlo Tonelli, che è il direttore dell’Ascom, la sigla della Confcommercio che sioccupa di imprenditoria nel Bolognese, «c’è qualcosa da sperimentare nell’interesse generale». E ha ragione. Che qui i cambiamenti climatici c’entrano fino a un certo punto: si prospetta una stagione rovente, la siccità, la calura, la colonnina di mercurio che schizza su, però non è una novità. È così da sempre. “Aspetta le quattro”, “con ’sto sole sei pazzo se esci”: ce lo diceva anche la nonna, venti, trent’anni fa. In quei mesi là da ventola al soffitto e cucchiate di gelato.

UTILITÀ
«Ha senso», si chiede allora Tonelli, sull’edizione locale di Repubblica, «che le attività nel periodo estivo, quando le persone stentano a muoversi alle due o alle tre del pomeriggio, rimangano aperte?». Risposta breve: no. «Piuttosto, non si può pensare, in alcuni momenti, o in alcune giornate, a uno spostamento degli orari?». Risposta breve: sì. «Per esempio restare aperti fino alle venti, o alle ventuno, così come avviene in altre città turistiche». Perché, al momento, la “chiusura posticipata”, da noi, la trovi solo nelle località di villeggiatura. Al mare. Se vuoi comprare un ninnolo o una maglietta, vai a passeggio dopo cena. Anche perché prima, prima della cena cioè durante il pomeriggio, sei in panciolle su una sdraio in spiaggia: e non hai bisogno, lì, del ninnolo o della maglietta. Il concetto è lo stesso. Il risultato è il medesimo. È che ci guadagnano tutti. Tu (turista) che sei in vacanza e non hai voglia di fare le corse per correre al super. Il commerciante che ci guadagna in modo letterale, ossia coi soldi in cassa. E pure il residente, che è quello che nelle ore più calde, se non è obbligato per lavoro o per qualche disbrigo irrimandabile, il naso fuori dall’appartamento non ce lo mette manco morto.

MODELLI
Tonelli spiega anche di non avere in testa nessun esempio particolare da riproporre e riprodurre, però di “modelli”, in questo senso, ce ne sono parecchi. Uno su tutti quello spagnolo, dove (con le temperature che a Siviglia o Murcia o Valentia picchiano anche più delle nostre), di pomeriggio non vedi aperto neanche un cantiere edile. Mica scemi, gli spagnoli. Certo, non è che uno schiocca le dita e, dall’oggi al domani, rivoluziona le vie del commercio di mezza Italia. Ci sono i piani regolatori delle città da rivedere, gli accordi sindacali da modificare, l’organizzazione da rimodulare, il personale da trovare (e che già è un mezzo macello così, con gli orari “tradizionali”): però si potrebbe pensare a coinvolgere non solo i negozi «ma anche gli uffici postali, le attività di servizio», le Regioni, i Comuni. Un altro mondo. Più fresco. E non solo a Bologna. Ma anche a Roma, a Firenze, a Milano, a Belluno, a Siena, a Trieste, a Verona. Insomma, un po’ ovunque. Perché è vero, fa sempre più caldo: ma nessuno di noi, dal Nord a Sud, sceglie di andare a fare la spesa nelle ore più bollenti del dì. In qualche modo, le nostre abitudini di acquisto sono già cambiate. È che, alla fine, più che direttive o le regole che valgono (giustamente) per tutti, quello che fa è il mercato. Business is business, punto e chiuso (anzi: in questo caso aperto, all’imbrunire però). Tra l’altro, e guarda che caso, non ce n’è una di “notte bianca” o “notte rosa” o “notte viola” o “notte del colore che vuoi” che non faccia il pienone. Chissà perché.

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