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Meloni e il manichino bruciato, FdI contro l'assessore: "Niente scuse, si dimetta"

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Luca Blasi è l'assessore alla Cultura e Politiche Abitative del municipio III di Roma. Subito dopo la manifestazione del 22 febbraio scorso in ricordo dell'omicidio di Valerio Verbano durante la quale è stato bruciato un manichino con le fattezze della premier Giorgia Meloni, ha pubblicato sui social il video dell'azione esprimendo la sua “infinita gratitudine per la Roma Antifascista e per il mio quartiere”.  Immediatamente dopo aver letto il post il deputato Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli ha chiesto le sue dimissioni.

"Un fatto gravissimo sul quale pretendiamo chiarezza e dal quale tutti devono prendere le distanze: ne va della stessa credibilità delle istituzioni", aveva tuonato il responsabile organizzazione del partito di Giorgia Meloni chiedendo al presidente Pd del III Municipio, Paolo Marchionne, di rimuovere immediatamente dal suo posto da assessore. 

L'occasione per rinnovare la richiesta di dimissioni è arrivata oggi durante il Consiglio municipale al quale ha partecipato una rappresentanza di dirigenti e militanti di Fdi. Il gruppo di Fratelli d'Italia ha infatti presentato una mozione per chiedere il ritiro delle deleghe all'assessore Blasi reo di "non aver preso le distanze da quanto accaduto durante la manifestazione per l'anniversario della morte di Valerio Verbano", ma la maggioranza di centrosinistra ha votato contro, nonostante i ripetuti appelli della consigliera Giordana Petrella che ha dichiarato in Aula "sono pronta a stracciare la mozione adesso se l'assessore Blasi prende le distanze". Cosa che non è avvenuta.

"Questa è la dimostrazione che nessuno in Fratelli d'Italia voleva strumentalizzare questa vicenda ma solamente lanciare un messaggio contro l'odio e la violenza politica", scrivono in una nota Francesca Barbaro, Stefano Erbaggi, Maria Cristina Masi, Rachele Mussolini, Giovanni Quarzo e Federico Rocca e i deputati di FdI Francesco Filini e Marco Perissa che insistono nel chiedere le dimissioni dell'assessore alla Cultura poiché, spiegano "non condannando quel gesto dimostra di non avere la statura morale per ricoprire un incarico istituzionale".

 

 

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