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Anarchici, il blitz a Malpensa: ma fermano il volo sbagliato...

Massimo Sanvito
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Compagni che sbagliano... immigrato. E chissà cos’avranno pensato quando dalla scaletta dell’aereo della Royal Air Maroc numero AT951, diretto a Casablanca, stava scendendo un marocchino che non era Jamal Kilal, il 31enne dall’ampio curriculum criminale – 13 condanne all’attivo, di cui nove passate in giudicato, tra stupro di gruppo, rapine e furti – che i militanti della rete No Cpr avevano tentato di liberare già a fine febbraio assaltando una volante della Polizia davanti alla Questura di Torino. Nemmeno il blitz di mercoledì pomeriggio a Malpensa è però servito a Jamal per evitare l’espulsione. Mentre i quattro anarchici si sbracciavano sulla pista, lui era già in volo verso il Marocco. Decollato da Bologna, dopo nemmeno un mese di detenzione al centro per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo.

Una beffa a metà, però, per gli ultras dell’immigrazione sfrenata: quell’uomo fatto scendere dall’aereo, a loro sconosciuto, era anche lui in procinto di essere rispedito nel suo Paese d’origine, dopo esser stato trovato senza documenti a Bergamo. Ma pare sia riuscito a salvarsi, almeno per ora, grazie al blocco antagonista che ha fatto tardare il volo di oltre un’ora.

«Di fronte alla violenza sistemica della macchina di gestione ed espulsione di persone senza documenti europei, questi momenti di coraggio e determinazione ci ricordano che non è tutto inevitabile e che inceppare il meccanismo è possibile», si leggeva ieri sul sito web Rivoluzione Anarchica. Con minacce all’ordine dello Stato e l’impressione, più che chiara, che ci riproveranno: «Se l’obiettivo statale è la normalizzazione delle pratiche di espulsione, l’isolamento e il silenziamento delle proteste e delle rivolte che infiammano i centri di detenzione, dal canto nostro non lasceremo solo chi si oppone a ciò dentro come fuori. Bloccare le deportazioni è possibile, scendere sulle piste degli aeroporti ancora di più».

 


Giuseppe Cannizzo, Josto Jaris Marino, Elena Micarelli, Miriam Samite: questi i nomi dei compagni torinesi arrestati con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e attentato alla sicurezza dei trasporti (una delle due ragazze è stata rilasciata mercoledì sera: se l’è cavata con una denuncia per interruzione di pubblico servizio). I due uomini si trovano nel carcere di Busto Arsizio, mentre l’altra donna in quello di San Vittore a Milano: tutti e tre in attesa della convalida d’arresto. L’aria, intanto, si fa tesissima.

E quest’ultimo episodio- su cui potrebbe scattare un approfondimento da parte del Viminale - non ha fatto altro che rinfocolare la rabbia degli attivisti. Mercoledì sera, negli spazi occupati abusivamente dal centro sociale Cuore in Gola di Milano, è in programma un dibattito - ospiti i «compagni di Torino» - dal titolo emblematico (“I Cpr si chiudono il fuoco”) per «discutere assieme attorno all’opuscolo scritto a seguito delle rivolte di febbraio 2023 che hanno portato alla chiusura del Cpr torinese».

E dire che i toni si preannunciano accesi è dire poco. Nella “chiamata alle armi” degli anarchici milanesi riuniti sotto la sigla Galipettes non viene risparmiato nessuno. Né la destra né la sinistra. «Se l’internamento degli stranieri e più in generale il razzismo di Stato sono tornati sotto i riflettori con l’avvento della destra al governo, non dobbiamo dimenticare che questi centri sono stati aperti in Italia da un governo di centrosinistra e che negli anni successivi nessuno dei partiti politici salito al governo ne ha perseguito la chiusura», si legge nel post pubblicato sui social. Benzina sul fuoco della rabbia degli extracomunitari in procinto di essere espulsi dall’Italia. L’obiettivo dei compagni, del resto, è quello di fomentare le rivolte dentro i Cpr per supportarle da fuori.

 

 

E opporsi fisicamente, come a Torino e Malpensa, alle leggi dello Stato. L’appello è chiaro: «Il coraggio e la determinazione dei prigionieri, che non hanno mai smesso di lottare contro questi centri, chiamano alla solidarietà fuori da quelle mura».

Sabato 6 aprile, sempre a Milano, è invece convocata una grande mobilitazione «per la chiusura di tutti i Cpr», a partire da quello del capoluogo lombardo di via Corelli (ora commissariato, ndr). Hanno già risposto presente all’appello decine di realtà antagoniste in arrivo da ogni parte d’Italia e non solo (anche dall’Albania). Nella locandina che accompagna l’evento, scrivono quelli della rete No Cpr: «Oltre 25 anni di abusi, violenze e soprusi dietro le sbarre dei luoghi di detenzione amministrativa a danno di persone che, in gabbie nascoste nelle nostre città, vengono private della libertà personale non per un reato, ma per un illecito amministrativo che non possono non commettere: quello di non possedere un titolo di soggiorno che la legge non permette nei fatti di avere». Uno stupro di gruppo - e Jamal Kilal non è certo l’unico pregiudicato a essere passato dai centri per i rimpatri italiani- può essere derubricato a semplice quisquilia dai compagni?

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