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Agnelli-Elkann e l'eredità: "Erano coscienti della frode"

Paolo Ferrari
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John, Lapo e Ginevra Elkann sapevano che la residenza in Svizzera della nonna, Marella Caracciolo, era un tarocco. Lo scrivono i giudici del tribunale del riesame di Torino che hanno così stroncato la linea difensiva dei tre fratelli Elkann secondo cui, incassata l’eredità della nonna, non bisognava pagare la tassa di successione in quanto cittadina elvetica.

Leggendo le oltre trenta pagine dell’ordinanza depositata ieri e con la quale i magistrati hanno respinto l’istanza di dissequestro dei telefonini ed iPad presentata dai nipoti dell’avvocato Gianni Agnelli, si scopre infatti come essi fossero consapevoli che si stava commettendo una irregolarità.

LA STRATEGIA - «La frode- annotano i giudici - è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann, i quali si è visto come fossero in ottimi rapporti con la nonna e come ne conoscessero abitudini e problematiche di salute che rendevano prevalente la sua permanenza in Italia». «Di fronte al decesso della congiunta - aggiungono quindi i magistrati- è verosimile che abbiano avallato, con dolorosa volontà adesiva, le strategie già suggerite e realizzare con la fattiva consulenza di Gianluca Ferrero (commercialista di famiglia e presidente della Juventus, anche egli indagato- ndr)». Il tribunale, in particolare, ipotizza che John abbia avuto sul punto un ruolo più attivo e che Lapo e Ginevra «si siano limitati a un concorso morale rafforzativo».

 

 

Il provvedimento del riesame ha dunque accolto in pieno la tesi del procuratore aggiunto torinese Marco Gianoglio e dei pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti che da mesi cercano di scoprire che fine abbia fatto l’intero patrimonio, con le relative rendite, riconducibile a Marella, deceduta nel 2019 a 92 anni. Per i magistrati, considerate le sue compromesse condizioni di salute, non c’erano mai stati dubbi sul fatto che la residenza elvetica di Marella fosse solo uno stratagemma per non pagare le tasse in Italia. 

Il procedimento penale riguarda due ipotesi di reato. La prima, nei confronti del presidente della Juventus Ferrero e di John Elkann, attiene alla dichiarazione fraudolenta dei redditi di Marella per gli anni 2015-2019. La tesi è che vi sia stata una evasione dell’Irpef «tramite simulazione di residenza prevalente in Svizzera» della vedova dell’avvocato. La seconda ipotesi, estesa anche agli altri fratelli Elkann, si riferisce invece al fatto che alla morte di Marella l’imposta di successione non venne versata in Italia.

Temendo comunque che il Riesame potesse andare male, nel corso dell’udienza che si era tenuta il mese scorso, le difese avevano presentato una sorta di exit strategy giudiziaria. Gli avvocati dei tre fratelli, infatti, avevano depositato un articolato parere del professore Andrea Perini, docente di diritto penale commerciale all’Università di Torino, secondo il quale l’eventuale mancato pagamento della tassa di successione in Italia poteva al massimo essere considerato un banale illecito amministrativo e non certo un reato punito con il carcere.

 

 

CONSULENZE TECNICHE - La materia, come è stato più volte ricordato, è quanto mai complessa e di difficile interpretazione. In caso di un processo serviranno sicuramente delle consulenze tecniche di alto profilo per dipanare questa intricata matassa normativa.

A far partire l’inchiesta dei pm torinesi era stata Margherita Agnelli, figlia dell’avvocato e madre dei tre fratelli. La donna, che dopo essersi separata dal giornalista Alain Elkann si era risposata con il nobile Serge de Pahlen da cui aveva avuto altri cinque figli, aveva denunciato agli inquirenti che alla morte della madre Marella non venne pagata l'imposta di successione in Italia. Il pagamento dell’imposta, in misura ridotta, era avvenuto in Svizzera dove la vedova dell’avvocato aveva la residenza.

ll mancato versamento della tassa di successione, a seguito di calcoli effettuati sulla base delle dichiarazioni integrative dei redditi per il triennio 2019, 2020 e 2021 presentate da John Elkann che aveva effettuato il versamento in Svizzera, ammonterebbe a circa 40 milioni di euro. «Siamo naturalmente delusi dalla decisione del tribunale e rimaniamo convinti della solidità degli argomenti giuridici che abbiamo sostenuto», hanno commentato gli avvocati Paolo Siniscalchi, Federico Cecconi e Carlo Re, difensori dei fratelli Elkann e che si sono ora riservati la decisione se presentare o meno ricorso per Cassazione. 

 

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