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La spesa militare in Europa è destinata a crescere

Roberto Formigoni
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Mentre la Russia alza i toni e rinnova accuse esplicite a Stati Uniti e Occidente per l’attentato al teatro di Mosca, e la Nato fa sapere in via ufficiosa di aver portato il corpo di reazione rapida da 40mila a 100mila uomini sul fianco orientale, in Europa comincia a svilupparsi una discussione sulla reintroduzione del servizio di leva. «C’è la necessità di un serio dibattito sulla coscrizione, non vogliamo essere invasi», ha esordito il presidente della Lettonia, seguito a ruota dai presidenti di Estonia e Lituania. I tre Paesi baltici hanno tutti un servizio di leva obbligatorio per gli uomini, ma si parla di estenderlo anche alle donne, seguendo l’esempio di Svezia, Norvegia e Danimarca che lo introdurranno dal 2026. Il periodo di coscrizione sarà inoltre portato da quattro a undici mesi, con l’obiettivo finale di aumentare il numero degli effettivi e il livello di preparazione. “Non ci riarmiamo perché vogliamo la guerra, ma ci riarmiamo perchè vogliamo evitarla», ha detto la premier danese.

In Germania il dibattito è aperto, tanto più che negli ultimi anni è aumentata la piaga della fuga dall’esercito, così che i soldati attivi si sono ridotti a 184mila dai 203mila stabiliti dalle norme. Anche in Francia il dibattito è diventato attuale, il servizio di leva era stato abolito nel 1997, ma ora, su proposta del presidente Macron, è stato istituito un Servizio nazionale universale che diverrà presto obbligatorio. E la Polonia, pur senza prevedere a oggi un servizio militare obbligatorio, ha aumentato gli emolumenti riuscendo così a triplicare il numero degli attivi, che è oggi di 164mila.

La causa di tutto ciò è evidente: il conflitto tra Russia e Ucraina non vede una soluzione imminente, anzi la Russia ha aumentato la sua aggressività, trasformando industrie metalmeccaniche in fabbriche che producono armi e indicendo una leva di altri 300mila giovani da inviare sulle linee di guerra. Se la Russia dovesse prevalere, è opinione diffusa che non fermerebbe le sue armate, male dirigerebbe verso paesi vicini. E dunque il pericolo di una guerra in Europa, impensabile fino a due anni fa, è oggi realistico. E la situazione italiana quale è?

L’ammiraglio Cavo Dragone, capo di stato maggiore della Difesa, disegna un quadro preoccupante: le armi e le munizioni sono obsolete, l’addestramento latita, le forze armate sono assolutamente sottodimensionate. E questo in un quadro di possibili aggressioni (senza dimenticare il terrorismo) che è molto cresciuto in poco tempo, e minaccia di peggiorare ulteriormente. Dobbiamo aggiornarci, e per farlo dobbiamo spendere di più. È un quadro duro ma, purtroppo, realistico, ed è bene che tutti se ne rendano conto.

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