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Torino, assalto anarchico all'auto della polizia: solo obbligo di firma per 12 violenti

Francesco Storace
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I poliziotti hanno acciuffato per l’ennesima volta un vostro socio in teppismo e voi tentate di accopparli? Niente paura, se capitate dalle parti di Torino troverete qualche magistrato che comprenderà le vostre ragioni e a distanza di parecchi mesi dai fatti vi punirà severamente costringendovi a recarvi ogni giorno in commissariato per mettere un autografo. Mancano solo i gianduiotti. È l’Italia che stentiamo a riconoscere ogni giorno di più. Nell’eterna lotta tra bene e male vince sempre chi viola le leggi, chi sfida la sicurezza, chi si pavoneggia col crimine.

Chissà quanti ricordano quegli anarchici che a febbraio – erano una quindicina – assaltarono una volante della polizia, con gli agenti dentro, per tentare di liberare un marocchino che doveva essere solo cacciato dall’Italia per la sua attitudine a delinquere. A circa otto mesi dall’accaduto, la polizia del capoluogo piemontese ha potuto dare esecuzione a 12 ordinanze di applicazione di misure cautelari, (obblighi di firma e neanche una carezza), nei confronti di altrettanti anarchici accusati per i reati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, violenza privata e danneggiamenti. Alla faccia del regime.

 

 

Il 31enne marocchino era già stato espulso nel 2022 e con ben 13 condanne alle spalle (9 passate in giudicato), fra cui una per violenza sessuale di gruppo. Era arrivato in Italia minorenne e a Torino era vicino al centro sociale dell’ex Lavatoio di via Brin, recentemente sgomberato dagli investigatori della Digos, guidati dal dirigente Carlo Ambra e considerato dagli investigatori la base logistica dell’area più oltranzista dei gruppi anarco-insurrezionalisti. I fatti risalgono al 28 febbraio scorso, quando lo straniero venne pizzicato mentre vergava sui muri scritte contro le Forze dell’ordine e contro il carcere. Dagli accertamenti era subito risultato che l’uomo non aveva il permesso di soggiorno in regola, quindi doveva essere trasferito in un centro di permanenza per i rimpatri.

Ma a Torino il Cpr era stato chiuso, dopo le proteste anche violente degli stranieri, dunque non restava che accompagnarlo in Lombardia. La notizia del fermo si diffuse rapidamente tra i soggetti che occupavano il centro sociale, che si presentarono davanti alla questura e assaltarono la volante che doveva trasportare il loro compagno per liberarlo. L’auto venne accerchiata: ci furono pugni, calci e anche un morso. Un agente rimase ferito, a lui neanche le scuse. Dopo l’assalto gli antagonisti partirono in corteo per le vie del centro, bloccarono la circolazione per ore e alcune auto vennero danneggiate. Alla fine furono denunciati in 15, mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella espresse la sua solidarietà agli agenti della pattuglia aggredita.

Le indagini della Digos portarono poi all’identificazione dei presunti aggressori, grazie soprattutto ai filmati. Nove di loro sono torinesi. In sette dovranno presentarsi una volta al giorno in commissariato, in cinque due volte, visto che per il gip sussistono «a carico di tutti i soggetti per i quali è stata avanzata la richiesta di applicazione di misura cautelare, i gravi indizi di colpevolezza». Non solo. Alcuni giorni dopo l’assalto, il 20 marzo, gli anarchici erano riusciti a eludere i controlli di sicurezza all’aeroporto di Malpensa e ad arrivare sin davanti a un aereo della Royal Air Maroc, in partenza per Casablanca. L’obiettivo degli insurrezionalisti era nuovamente quello di liberare il 31enne, che però era già stato accompagnato in Marocco su un altro volo. Violenti, ma non informati...

 

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