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Robbio, scandalo per le ragazze con la maglia da calciatori: l'ultima follia dei benpensanti

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Simona Bertuzzi
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Le ragazze amano farsi fotografare. E lo fanno con una frequenza pari almeno a quella dei giovanotti. Ma sembra che in questi tempi di censure e iperboli femministe anche uno scatto innocente possa essere pretesto per parlare di sessismo. Succede nel paesino di Robbio, 5mila anime nella provincia pavese, territorio incantevole di risaie e antiche chiesette dove lo spirito di appartenenza ha ancora un senso e la domenica si va in piazza a chiacchierare dell’autunno che avanza o dell’ultima scorribanda di ragazzini scalmanati. Le imprese dello sport dilettantistico qui tengono banco almeno quanto le competizioni nazionali. Soprattutto da che la squadra di calcio Robbio Libertas è stata promossa nella categoria dell’eccellenza regionale.

Giorni di allenamento intensissimo e tifo caloroso, con le famiglie assiepate a bordo campo a ogni partita a fare la ola e incitare i loro ragazzi. E finalmente arriva la promozione a lungo agognata. Per festeggiare l’evento e invogliare gli abitanti del comune ad andare allo stadio, la società decide di farsi un po’ di promozione. Una manciata di foto sul campo, niente di più. Tre belle ragazze con le nuove maglie della squadra che sorridono sul prato verde e in panchina. E chissà che non ne tragga giovamento anche il calcio femminile.

La scelta, a dire il vero, potrebbe passare inosservata: qualche like di amici e conoscenti e tanti complimenti al capitano. Invece si scatena un battibecco social e via radio perché sono state scelte tre fanciulle carine e non gli atleti della squadra e, sai com’è, indossare la maglia di un maschio in un’epoca in cui il maschio è colpevole a prescindere svilirebbe le donne e manderebbe all’aria annidi battaglie per la parità di genere. «Chi mostra la nuova maglia? Un trio di gnocche, non i calciatori che la useranno veramente. Provo vergogna per voi. Siete oltre il cliché del bomber e della velina» scrive con disappunto la giornalista Barbara Sala. La squadra giustamente e ragionevolmente si difende. Spiega di voler coinvolgere il tessuto sociale della città e le ragazze di Robbio che sono costrette ad andare a giocare altrove. Addirittura posta il link di un centro anti-violenza della zona per far comprendere quanto sia vicina alla donne e lontana da certi cliché. Ma non basta ancora. La polemica trova terreno fertile e incalza. Si tirano in ballo le ombrelline che reggevano in tacchi a spillo gli ombrelli dei piloti di Formula Uno, e i calendari osè di certi antichi spogliatoi. 

 

E a un certo punto scende in campo il sindaco Roberto Francese che risponde alle critiche con toni tranchant: «La squadra vuole avvicinare i tifosi e ha usato queste ragazze robbiesi che sono di bella presenza e influenti, non nel senso di influencer ma che hanno tanti follower, e possono quindi raggiungere più persone in una piccola città come la nostra. Non ci vedo nulla di sessista». In effetti, anche a guardare col lanternino le foto incriminate, sfugge totalmente il senso della polemica. Sicuramente le ragazze si sono prestate volontariamente alla causa. Le pose non hanno nulla di sconveniente e il corpo è coperto a dovere, senza nudità e ammiccamenti: quindi dove sarebbe lo scandalo, l’esagerazione, l’oggettivazione della donna? Forse i calzoncini? Oppure il pallone e il farsi veicolo di una causa che riguarda uno sport maschile?

Ma come, il calcio è per tutti ed è seguito dagli uomini come dalle donne! E anche a voler pensare male di una pubblicità innocente, che pensiero potrà mai suscitare una donna vestita da calciatore? Viceversa, mettere al centro del dibattito tre giovani ragazze che senza malizia e con pudore aiutano la squadra del proprio comune, e lo fanno senza imbarazzi e col sorriso sulle labbra, pare un’iperbole figlia di un politamente corretto che nella foga di difendere le donne finisce per svilirle. Trio di gnocche? Non mi pare gentile... Si rischia il buco nell’acqua. E una caccia alle streghe di cui faremmo volentieri a meno.

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