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Torino, una moschea con minareto di 20 metri: l'Italia come l'Arabia

di Simone Di Meo domenica 23 marzo 2025

3' di lettura

L’islam si compra un pezzo di Torino. Il costo dell’operazione è di una quindicina di milioni di euro, in pratica la somma che il re del Marocco ha deciso di investire (ne manca ancora una spicciolata per arrivare al traguardo) per costruire nel capoluogo piemontese la più grande moschea della regione: oltre 6mila metri quadrati, nel quartiere Aurora, al confine con il centro storico, con tanto di minareto alto venti metri.

Sullo skyline delle Alpi innevate e della Mole Antonelliana, tra non molto, vedremo quindi svettare la torre da cui il muezzin scandirà le ore della giornata e della preghiera dei fedeli, proprio come accade a Beirut, al Cairo o in Arabia Saudita. Il progetto porta la doppia firma Appendino-Lo Russo. La sindaca grillina avviò l’iter per la trasformazione dell’ex fonderia Nebiolo (a sua volta erede di un importante stabilimento grafico nato nel 1800) nel centro di culto con una concessione di 99 anni alla Confederazione islamica italiana. L’attuale primo cittadino ha completato il percorso autorizzatorio proprio in queste ultime ore, inserendo la struttura nel nuovo piano regolatore.

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LE PROTESTE DI FDI
I lavori dovrebbero iniziare nel 2026 e terminare nel 2029 e seguiranno i disegni elaborati dallo studio dell’architetto Vittorio Jacomussi, già progettista del padiglione algerino dell’Expo, che prevede uno spazio di preghiera per almeno mille persone. A gestire l’edificio – che conterrà anche una biblioteca, uno studentato da 80 posti e uno spazio espositivo per mostre ed iniziative culturali – sarà proprio la Confederazione, che già si occupa della più piccola moschea di via Genova, sempre a Torino, insieme ad altri 230 siti religiosi nel resto del Paese. «Che cosa si insegnerà all’interno di questa moschea?», si chiede la deputata torinese, Augusta Montaruli (Fdi). «Sarebbe importante conoscere i contenuti delle lezioni e il tipo di rapporto che si instaurerà tra il luogo di culto e il territorio, particolarmente difficile, in cui sorgerà». Il pericolo è sempre quello del proselitismo illegale. «Per questo mi appello alla comunità islamica affinché intervenga e isoli chi, eventualmente, voglia utilizzare l’islam per fini impropri o per farsi scudo per comportamenti disumani come quelli a cui abbiamo assistito appena l’altro ieri».

Il riferimento della parlamentare meloniana è alle sevizie subite da una donna a opera del marito e della famiglia di origine egiziana, proprio nel quartiere Aurora. «Se questa presa di distanza non avviene», prosegue la Montaruli, «corriamo il rischio che la moschea perda il suo ruolo di apertura e confronto, oltre che di professione religiosa, per offrire copertura e giustificazione ad atti di violenza e sopraffazione portati avanti da chi macchia l’islam con le sue condotte contrarie alla legge».

Il tema della difficile convivenza con la comunità torinese, d’altronde, si era presentato proprio l’anno scorso quando, durante la preghiera del venerdì, organizzata dagli studenti che avevano occupato l’università, l’imam aveva fatto cenno alla jihad e alla distruzione dello Stato di Israele suscitando una ondata di proteste e di condanne. Non sufficienti, evidentemente, a consigliare maggiore prudenza al sindaco Lo Russo e alla sua maggioranza.

ANTI-ISLAMOFOBIA
Appena una settimana fa, infatti, l’amministrazione comunale di sinistra ha annunciato l’apertura di uno sportello contro l’islamofobia che ha suscitato numerose perplessità in una città che vive da ormai decenni tutte le criticità legate all’immigrazione clandestina e che conta circa 130mila domande di permesso di soggiorno. Gli extracomunitari sono il 15 per cento della popolazione ma commettono il 45 per cento dei reati più gravi. Una percentuale che arriva al 60 per cento se si inglobano nella statistica pure i giovani. Ma mentre per il sindaco Lo Russo «la lotta alla discriminazione religiosa è fondamentale per costruire una società inclusiva all’insegna del rispetto delle singole identità», per i rappresentanti delle forze dell’ordine lo sportello contro l’islamofobia rischia di diventare un’arma non convenzionale nelle mani dei criminali musulmani che, non a caso, quando finiscono in manette, addebitano strumentalmente i loro guai giudiziari proprio alla persecuzione religiosa di cui sarebbero vittime. «Questo sportello», ha commentato il segretario generale del Sindacato di polizia Ugl della provincia di Torino, Luca Pantalella, «è un passo indietro rispetto ai reali problemi dei cittadini e spreca risorse». Basterà una moschea per trovare un punto di equilibrio?

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