Dei sette cardinali brasiliani presenti in Conclave, Odilo Pedro Scherer, João Braz de Aviz, Orani João Tempesta, Sérgio da Rocha, Leonardo Ulrich Steiner, Paulo Cezar Costa e Jaime Spengler, il più esplicito è l’ultimo, che è il più giovane del gruppo benché sia già presidente del Consiglio episcopale latinoamericano e dei Caraibi (CELAM). Un cognome, un programma, che richiama Oswald Spengler, l’autore del Tramonto dell’Occidente, una profezia autoavverante di un secolo fa. Francescano dell’ordine dei frati minori, 64 anni, dal 2013 è l’arcivescovo metropolita di Porto Alegre, dove è in «fase sperimentale» per tre anni, fino al 2028, una specie di rito amazzonico della messa che dovrebbe incorporare esotismi nella liturgia. Sono state convertite nazioni intere, a partire dall’Africa, celebrando in latino, ma ora esprimere il proprio attaccamento alla tradizione equivale a farsi bollare come passatisti. Piuttosto si punta all’inculturazione della fede nei costumi locali, con mix inquietanti al limite del sincretismo.
Una spinta non necessaria e tanto meno urgente, visto che già nel 1531 la Madonna di Guadalupe si presentò a Juan Diego come la “morenita”, con fattezze indie. E ovunque sia apparsa nella storia e nel mondo si è rivolta in lingua indigena ai veggenti, senza escludere nemmeno il dialetto bergamasco. Usi e costumi indigeni, in realtà, agli occhi di una certa parte del clero, sembrano più attraenti se appartengono a “civiltà” precristiane. Come il culto idolatrico alla Pachamama, emerso al Sinodo Speciale per la Regione Panamazzonica del 2019. Purché si rifiuti l’eredità della Spagna e del Portogallo cattolici che, evangelizzando il Continente, contribuirono a sradicare la schiavitù e i sacrifici umani dall’Iberoamerica, tutto appare accettabile.
Conclave, il papabile cardinale Tobin benedice gay e clandestini
Il cardinal Joseph W. Tobin, classe 1952, è l’arcivescovo di Newark, nel New Jersey, dal 2017. È un ...E stranamente quell’orientamento anti-occidentale combacia il più delle volte con le posizioni maggiormente aperturiste sul celibato ecclesiastico e sul diaconato femminile. Alle ultime congregazioni che si sono svolte in Vaticano, fra i cardinali protagonisti delle fughe in avanti c’era proprio Spengler, insieme al connazionale Leonardo Ulrich Steiner, al lussemburghese Jean-Claude Hollerich, al canadese Michael Czerny, al filippino Luis Antonio Tagle e all’indiano Oswald Gracias. Spengler si è spinto anche più oltre, auspicando una maggiore accoglienza nella Chiesa, criticando il moralismo esasperato e promuovendo una pastorale che costruisce e comprende. Nel dettaglio, si può solo immaginare cosa intendesse, andando a cercare fra le sue dichiarazioni . Sarebbe anche disposto a ordinare sacerdoti degli uomini sposati per affrontare la carenza di clero in alcune regioni, in particolare in Amazzonia, se non fosse che ritiene la questione «delicata», sebbene da affrontare con «franchezza e apertura».
Fra i temi à la page, uno dei suoi preferiti è l’emergenza ambientale, in linea con l’enciclica del 2015 di Papa Francesco Laudato si’. «Viviamo in un mondo ferito», ha spiegato Spengler durante il Congresso Eucaristico Internazionale di Quito, nel settembre del 2024, indicando che «accanto alla ferita della povertà e della fame per molti, la crisi ecologica e forse l’altra grande ferita del mondo. Una ferita che siamo invitati a curare perche siamo il ponte tra Dio e il mondo, siamo anche responsabili del destino della creazione». Si può essere d’accordo, sempre che la Chiesa cattolica non si trasformi in una succursale di Greenpeace.