E dove se non nella rossissima Bologna, la cui gloriosa Alma Mater è da sempre ostaggio delle frange più radicali dell’antagonismo? Solo all’università del capoluogo emiliano poteva passare una mozione, approvata dal Senato Accademico, che condanna «tutte le violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani commesse da Israele». Non solo. Nel documento, che ha ottenuto il semaforo verde, si avanza anche «il riconoscimento dello Stato palestinese e il rafforzamento di tutte le iniziative diplomatiche e politiche volte a far cessare il conflitto nella Striscia di Gaza e a garantire la piena attuazione di tutte le risoluzioni Onu relative ai rapporti fra Palestina e Israele». Di più. C’è un’esplicita evocazione del genocidio. La mozione, infatti, invita al rispetto delle ordinanze disposte dalla Corte internazionale di Giustizia che considerano «plausibili» le accuse di genocidio contro Israele.
L’Alma Mater, del resto, era già finita in subbuglio nel novembre del 2023, qualche settimana dopo i terribili attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre. I soliti collettivi rossi erano partiti lancia in resta, spalleggiati da un gruppo di professori e ricercatori che pensò bene di firmare un appello per interrompere ogni genere di collaborazione con università israeliane (uno schema poi replicato in tutta Italia). Manifestazioni, assemblee, occupazioni. La mobilitazione era partita dalla “presa” di Palazzo Hercolani, sede di Scienze Politiche, poi fu la volta del rettorato, delle tendate, del boicottaggio delle convention di Thales (gruppo leader nell’elettronica, specializzato nell’ aerospaziale, nella difesa e nella sicurezza) a Matematica, delle dure contestazioni a Leonardo. Fino all’irruzione, nel marzo del 2024, durante l’inaugurazione dell’anno accademico. Bologna capitale dei pro Pal italiani.
I sindacati fermano l'Italia contro Israele
Fermi tutti: venerdì prossimo i sindacati fermeranno l’Italia non solo «per il salario», ma anc...Nel documento licenziato dal Senato, l’università si impegna pure a «vigilare» sull’attuazione di norme e regolamenti interni «anche in relazione alla disciplina dual use (si parla di duplice uso in riferimento a beni, software e tecnologie che possono essere utilizzati sia per applicazioni civili che militari, ndr) e all’etica della ricerca» con l’obiettivo di escludere qualsiasi coinvolgimento «nella violazione del diritto internazionale». Già nei mesi scorsi i filo-palestinesi avevano incassato un punto a favore, quando dal rettorato avevano chiarito che l’Alma Mater non aveva partecipato a bandi che prevedessero collaborazioni con Israele. Ed esultano, oggi, i giovani comunisti di Cambiare Rotta.«Se le due università più grandi d’Italia (l’altra è la Sapienza di Roma, ndr) sono state costrette a prendere finalmente posizione, è solo grazie all’incessante mobilitazione studentesca degli ultimi anni. Conquistiamo un primo passo verso la rottura delle complicità con il sionismo, che ci indica la necessità di continuare la mobilitazione finché non libereremo la nostra Università e il nostro Paese dalla complicità col genocidio, dalla guerra e dai piani di riarmo», arringano i rivoluzionari. L’appuntamento, ora, è per sabato a Roma «contro guerra, riarmo, Nato e Israele Stato terrorista». L’allerta, al solito, è alta.