Così i cambi di genere diventano un business

Troppo semplice, troppo facile: perché non si tratta di cambiare dieta o di rifarsi il guardaroba. Sono scelte irreversibili che mandano in tilt le famiglie
di Annalisa Terranovamercoledì 25 giugno 2025
Così i cambi di genere diventano un business
3' di lettura

Immaginate un’adolescente problematica ai tempi del Covid. Costretta in casa, connessa h 24. Si imbatte in siti Lgbtq+ che la convincono che il suo problema è un corpo che cozza con la sua vera identità. È così che la transizione di genere diventa per lei il percorso della speranza, la soluzione per uscire dal tunnel della depressione. Gli stessi siti ti danno l’indirizzo dello psicoterapeuta adatto alla bisogna. Che fa in fretta la diagnosi di disforia di genere e indirizza la paziente dall’endocrinologo che prescrive i farmaci per bloccare il ciclo.

Troppo semplice, troppo facile: perché non si tratta di cambiare dieta o di rifarsi il guardaroba. Sono scelte irreversibili che mandano in tilt le famiglie, catapultate in un mondo che non conoscono e che non capiscono. Ce lo racconta Daniela, parlando del caso di sua figlia: «All’improvviso si è dichiarata trans. Premetto che faceva gesti di autolesionismo, aveva avuto una fase di anoressia. Era insomma una ragazza già pesantemente medicalizzata. Lo psicoterapeuta dopo poche sedute ha fatto la diagnosi di disforia di genere. Abbiamo provato con un altro specialista, che è andato a fondo dei problemi della ragazza. Ha capito che c’erano dei traumi da far emergere. E alla fine mia figlia è tornata sui suoi passi. Ma la mia esperienza è comune a quella di molti altri padri e madri. Oggi io sono presidente di un’associazione che vuole dare risposte alle famiglie disorientate e che vuole capire come mai c’è una crescita così veloce di casi di disforia di genere».

L’associazione si chiama GenerAzioneD (sul loro sito documenti, testimonianze e consigli) e riunisce le famiglie di circa 130 adolescenti che chiedono un approccio terapeutico più prudente e meno invasivo. Si sono messi a studiare i protocolli sanitari di altre nazioni e hanno appreso nozioni scientifiche prima sconosciute. Conclusione: l’approccio psicoterapeutico è preferibile ai farmaci bloccanti per affrontare la disforia di genere. Ma l’Italia – dove i numeri sui casi trattati sono incerti e confusi – si è uniformata al modello olandese. «Un modello» ci spiega un altro genitore «che è stato sperimentato su bambini piccoli e che è obsoleto, mentre in Finlandia hanno capito gli errori e sono tornati alla psichiatria come via primaria per risolvere questi casi da noi se ti azzardi a dire che a 13-14 anni una scelta di transizione di genere non è sufficientemente ponderata ti bollano subito come genitore omofobo. Ma figuriamoci! Io sono solo preoccupato per mia figlia, perché parliamo di interventi mutilanti, di cure ormonali a vita e nessuno spiega quali sono le controindicazioni perché il mercato delle cure ormonali è in espansione. Fanno affari sui corpi degli adolescenti».

E la scuola, accusa una mamma «non aiuta, anzi asseconda i cambi di nome di questi ragazzi, accettando la richiesta di carriera alias anche alle superiori, spesso senza avvertire le famiglie». In pratica si convince l’adolescente che può fare da sé, che la famiglia sarebbe di ostacolo: così ricevono assistenza online e magari assumono già ormoni senza dirlo ai genitori prima di fare la dichiarazione di transessualità. Tutti citano inoltre il caso dell’ospedale Careggi di Firenze dove un team di specialisti ha stabilito che è possibile somministrare ai minori i bloccanti della pubertà, in contrasto col parere degli esperti di psicoterapia dell’età evolutiva. C’è molta ideologia dietro il fenomeno, dunque, oltre all’avidità che attira i medici e le case farmaceutiche verso un mercato in piena espansione. Quello degli Irg (interventi di riassegnazione di genere) ha raggiunto i 2,73 miliardi di dollari nel 2024 e si prevede che aumenterà entro il 2034 a 5,51 mld di dollari. I numeri mostrano che la chirurgia di mascolinizzazione del torace, in particolare la mastectomia, rappresenta oltre la metà degli interventi chirurgici eseguiti annualmente in Nord America e nell'Europa occidentale. Numeri che spiegano come spesso, dietro la retorica sui diritti, si nasconda un affarismo senza scrupoli.

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