Sabaudia, quando i vip erano Pasolini e Moravia era un vero salotto letterario

di Alberto Pezzinidomenica 27 luglio 2025
Sabaudia, quando i vip erano Pasolini e Moravia era un vero salotto letterario
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La vacanza degli intellettuali - Pasolini, Moravia e il circolo di Sabaudia (Utet, pag. 177, euro 19.00) di Paolo Massari è un veloce ma compiuto affresco di quella che è stata non solo una città – spiaggia, ma un luogo dell'anima per tanti intellettuali del Novecento italiano. Dune, sabbia, mare e cielo: questa era Sabaudia dopo la bonifica. Prima c'era la malaria e poi ci sarebbe stata una terra, una landa che il Duce fece bonificare autorizzando perfino la realizzazione di una torre civica molto più alta di quella di Littoria. Sabaudia fu una città che nacque da una visione e poi si fece pietra e carne, senza passare dal via.

Lo sapeva bene Alberto Moravia il quale ci veniva con Dacia Maraini e che con Pier Paolo Pasolini ci aveva comprato una villa comune, una casa per tre che divenne famosa per la finestra da cui il mare sembrava irrompere nelle vite dei suoi occupanti. Di lui, dell’autore degli Indifferenti, a Sabaudia c’è un ritratto nella Vita di Moravia del 2018 scritta e respirata da Alain Elkann.

Moravia e Dacia Maraini, a Sabaudia, soprattutto ad agosto, vivevano come se fossero su un altro pianeta. Al mattino lui si svegliava presto e guardava il mare – dal secondo piano – dove scriveva. Verso le undici, con calma, si muoveva per andare in città. Andava dal pescivendolo, all’edicola, al bar a sorbire un gelato ma le incursioni in pescheria erano quelle che lo appassionavano maggiormente: qualcuno racconta pure della sua taccagneria e il fatto che contrattasse il prezzo del pesce fresco e poi magari ritornasse a casa con due merluzzetti sostenendo di prestare attenzione al proprio corpo.

In effetti, una delle figure più iconiche di Sabaudia, resta lui, l’autore della Noia e della Ciociara, con quel viso che sembra un teschio, ossuto e sempre accigliato, come se la vita gli avesse inferto soltanto schiaffi anziché donargli gloria letteraria e luoghi ultraterreni dove vivere. La vita della Maraini era come la sua: chi scrive fa sempre coincidere la vita con il lavoro. Di notte però, quando gli amici andavano, accadeva che loro due spegnessero tutte le luci e guardassero le stelle per ore, là dove gli occhi si perdono nel buio.

E Pasolini? Pasolini era un lupo ammalato di dromodismo, non stava mai fermo perché doveva vagare a bordo della sua auto sportiva sempre in cerca di una storia d’amore o di un fugace scambio sessuale. Stava poco a casa ma il legame con Moravia era ferreo. Erano molto diversi ma complementari e simpatetici. Quando venne perpetrato il delitto del Circeo, nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975, Pasolini e Moravia si ritrovarono tuttavia su fronti diversi. Tre ragazzi di buona famiglia, della Roma bene, quella borghese del Quartiere Trieste, avevano violentato due ragazze (una morì). Fu un delitto atroce per la sua violenza, la crudeltà manifestata e il carattere animalesco, belluino mostrato dai tre giovinastri.

La Maraini esordì da lì, da quell'episodio per elaborare la teoria femminista per cui le donne erano da tempo oggetto di una violenza continua,atroce muta, ricattatoria, sottile abituale.
Chi invece porterà luce, leggerezza e vita in quelle spiagge a metà tra il mare e la luce di un cielo disincarnato tanto da sembrare quasi bianco verso sera, sarà Raffaele La Capria che – quando veniva in vacanza con Moravia e la Maraini – si trovava in imbarazzo al mattino.

Mentre i suoi anfitrioni battevano alla macchina per scrivere come ossessi e con un ritmo percussivo, l’amante di Napoli, l’autore di Ferito a morte – che là andava sempre con la bellissima moglie Ilaria Occhini – non solo non scriveva ma doveva per forza sorbire una tazzulella e’ caffè prima di cominciare a collegarsi con il mondo. E poi c’era la maga Circe, colei che avrebbe custodito per sempre l’eredità di Pasolini e ne avrebbe fatto una specie di mausoleo della memoria, un sacrario, un Vittoriale del Maestro. Laura Betti, che una notte venne colta ad immergersi in acqua, alla luce della luna, con indosso una vestaglia che si allargava intorno a lei quasi fosse un fiore gigante appena sbocciato tra i flutti.

Sabaudia è rimasta un sogno ad occhi aperti, e un anticipo dell’Africa che – per Moravia – era davvero soprattutto lì, dopo una duna, e vicino al mare. Peccato che oggi tutto sia cambiato in quel luogo dove una volta si repirava l'intellighenzia a pieni polmoni. Sabaudia nacque il 5 agosto del 1933, poco dopo le quindici del pomeriggio, quando venne posata la prima pietra.
I turni di lavoro furono massacranti, continui, andarono avanti anche di notte perché il Duce la volle quasi come un segno tangibile della sua vocazione agricola e tenacissima.

Eh, sì, perché Sabaudia nacque forse senza un’idea precisa di turismo all’inizo. Il luogo turistico, fatto di selvatico e di mirti e mortella, nonché dune senza orizzonti precisi e un mare che entrava in casa, sarebbe arrivato dopo. Con gli intellettuali e – oggi – con la borghesia dei nuovi ricchi. Villa Volpi – il simbolo più iconico e glamour di Sabaudia – è stata associata anche a Francesco Totti ma senza alcuna certezza a dire il vero. Perfino Verdone ne ha usato la location per Compagni di scuola, tanto per dire che la sua natura squisitamente intellettuale è andata negli anni via da lì. Sabaudia oggi resta un sogno – come diceva Moravia – ma forse senza la magia che gli scrittori le avevano portato. Il soldo dà e il soldo toglie.

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