Palazzo Chigi, l'uomo che bruciava i segreti ha la leucemia: scattano le condanne

di Roberto Tortoragiovedì 7 agosto 2025
Palazzo Chigi, l'uomo che bruciava i segreti ha la leucemia: scattano le condanne

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Di lui si sa poco, non si conosce nemmeno il nome. Le uniche informazioni sono quelle che attestano sia un uomo di 61 anni, separato, padre di una figlia di 23. Malato di leucemia. Per anni ha incenerito documenti sensibili, faldoni coperti dal segreto d’ufficio. Dove? A Palazzo Chigi! Ha vissuto lo Stato dall’interno, nel vero senso della parola. Tutto il materiale secretato che gli capitava a tiro lo mandava al macero in un laboratorio, un tunnel scavato nel tufo, in una località, anche quella secretata, della Capitale.  No, non è una spy-story, è la realtà di un uomo che si è ammalato nel respirare tutta l’aria tossica del posto angusto in cui ha lavorato per anni. Il Consiglio di Stato ora, dopo oltre 10 anni di battaglie legali, come rivela Il Tempo ha emesso una sentenza storica: la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Economia sono stati condannati (per ora) a risarcire 3.000 euro di spese legali. Ma è solo l’inizio di un iter che la famiglia del dipendente statale ha avviato per riconoscergli lo status di “vittima del dovere”.

Alla stregua delle vittime di terrorismo e mafia. Il Consiglio ha parlato di “gravi carenze istruttorie e inadeguata valutazione scientifica dell’esposizione”, riconoscendo che le condizioni ambientali erano incompatibili con la salute Non sarà facile discuterne in un’aula, perché il dispositivo della VII Sezione del Consiglio di Stato deve attenersi al segreto d’ufficio, anche sulla topografia del tunnel. Qualcosa, però, è venuto fuori e cioè che questo luogo di “bruciature” è un’ex cisterna settecentesca, trasformata in laboratorio di falegnameria e poi in forno crematorio per carte di Stato. Nessuna ventilazione o aspirazione dell’aria e filtri spesso fuori uso. E spesso, oltre alla carta, bruciava anche la plastica che conteneva i documenti, altro materiale tossico inalato dal povero malato, assunto nel 1992 come falegname e poi smistato all’impianto di smaltimento dei materiali sensibili. Nel 2012, però, la mazzata: leucemia cronica a cellule capellute. Malattia rara, associata all’esposizione a sostanze tossiche e cancerogene.

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L’avvocatura di Stato lo ha negato, forte di pareri medici, e nella convinzione che il Tar del Lazio chiudesse la questione. Cosa che avvenne, ma gli avvocati Ezio Bonanni e Pietro Gambino non si sono arresi. Il primo è presidente dell’Osservatorio nazionale amianto e spiega: “Si bruciava materiale riservato in ambienti insalubri. Ma quello che più di tutto ci preme affermare è il diritto alla tutela della salute per tutti i lavoratori, anche per i dipendenti di Palazzo Chigi”. Oggi il progresso ha, pian piano, sostituito la carta con il digitale e i dossier vengono archiviati e cancellati senza rischi. Quanto allo sfortunato falegname, c’è da aspettare di capire quanto costerà alla Repubblica aver incenerito i suoi faldoni e soprattutto quanta verità emergerà da questa triste vicenda di cui, per fortuna, si è venuti a conoscenza.