Iolanda Apostolico, il figlio della toga anti-Salvini condannato per droga

di Simone Di Meomercoledì 6 agosto 2025
Iolanda Apostolico, il figlio della toga anti-Salvini condannato per droga

3' di lettura

Il figlio adottivo della giudice Iolanda Apostolico è stato arrestato e condannato a 23 mesi di carcere per droga. Il giovane si chiama Nuis Vinasco Ocoro, è nato nel settembre del 2001 ed è entrato nella famiglia della toga catanese nel 2019. Nei giorni scorsi è finito sotto processo con rito direttissimo a Catania, dopo che gli agenti della polizia di Stato lo hanno trovato in possesso di oltre 300 grammi di marijuana, quasi 100 grammi di hashish e 14 grammi di cocaina.

Addosso gli sono stati rinvenuti anche 550 euro in contanti. Trattenuto in camera di sicurezza per una notte, è stato condannato ma ha ottenuto la sospensione della pena per via della fedina penale immacolata. Un arresto che sarebbe (quasi) ordinaria amministrazione in Sicilia così come in tante altre parti del Paese, se non fosse per un particolare: Iolanda Apostolico è infatti la magistrata diventata famosa per aver messo la sua firma, nell’ottobre 2023, alla prima ordinanza che demolì il decreto Migranti varato a quel tempo dal governo Meloni.

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La toga, che sedeva alla sezione immigrazione del tribunale di Catania, bocciò in modo netto il provvedimento che introduceva la possibilità di bloccare i richiedenti asilo nei centri di permanenza per il rimpatrio, salvo pagamento di una cauzione da 5 mila euro. Per lei, quella norma era incostituzionale. Secondo la magistrata, non si poteva limitare la libertà personale senza un procedimento convalidato da un giudice, e non si poteva subordinare la libertà di un individuo a una somma di denaro, in violazione dei principi dell’ordinamento italiano e delle normative europee.

Come conseguenza immediata, quattro cittadini tunisini (già destinatari di un decreto di espulsione) vennero rimessi in libertà. Avevano chiesto protezione internazionale per motivi estremamente personali, e a tratti surreali: uno sosteneva di essere minacciato dai cercatori d’oro del proprio Paese per una superstizione legata alle linee della sua mano destra; un altro raccontava di pressioni da parte dei familiari della compagna deceduta; un terzo di essere inseguito dai creditori; e il quarto invocava la povertà come motivo di fuga.

La decisione pro migranti infiammò fin da subito il dibattito politico diventato poi incandescente quando si scoprì che, cinque anni prima, il 25 agosto 2018, la stessa Apostolico era stata filmata al porto di Catania, nel corso di una manifestazione per chiedere lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti. Il video, diventato virale dopo la pubblicazione sui social del leader leghista Matteo Salvini, la mostrava tra i partecipanti di un corteo che si opponeva al blocco degli sbarchi. In sottofondo si sentivano slogan contro le forze dell’ordine schierate sul molo e le parole “assassini” e “animali” urlate contro le divise. Un incidente di percorso, provò a spiegare qualcuno. Tutt’altro, invece. L’hybris della contestazione aveva infatti contagiato pure la famiglia della giudice.

Il 29 marzo 2019, quindi un anno dopo la protesta al porto, durante una manifestazione indetta dai centri sociali come risposta a una marcia di Forza Nuova contro l’aborto, scoppiarono violenti tafferugli tra polizia e manifestanti a Padova. Tra i facinorosi, fu identificato anche Francesco Moffa, figlio naturale della Apostolico, allora ventiseienne. Le immagini lo ripresero durante un parapiglia: fu accusato di aver «colpito con un pugno gli scudi del personale di pubblica sicurezza» e rinviato a giudizio con altri tredici attivisti per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Alla fine del processo però venne assolto.

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La madre fu addirittura ascoltata come teste a difesa, in tribunale a Padova, (pur non essendo stata presente ai fatti) e raccontò che durante la protesta aveva ricevuto una telefonata dal figlio, il quale le aveva riferito che «la polizia aveva usato violenza contro i partecipanti». Una testimonianza per sentito dire, insomma, ritenuta però affidabile dalla collega veneta. E, proprio nello stesso anno in cui Moffa affrontava vittorioso il processo, la giudice adottava Vinasco Ocoro Nuis, il ragazzo oggi finito nei guai per droga.

Le polemiche seguite alla sentenza pro migranti unite al clamore del video di Catania e alle vicende giudiziarie al figlio Francesco furono certamente l’innesco, nel dicembre 2024, delle dimissioni dalla magistratura della toga, che non aveva ancora raggiunto l’età della pensione. In quel momento, la giudice sperava probabilmente di tornare nel cono d’ombra dell’anonimato che l’aveva accompagnata per quasi tutta la sua vita professionale. Ma, a quanto pare, così non è stato.

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