Sul marciapiede screpolato c’è ancora una pozza di sangue. Proprio lì, vicino a un tombino, in quella via Sabotino che fa quasi da raccordo tra il Comune di Collegno e quello di Torino, nel Piemonte blindato dalla morsa del primo freddo dell’anno. L’hanno ammazzato ieri notte, proprio sotto casa dei suoi genitori, quando era ancora buio, all’1.30, e in giro non c’era nessuno: Marco Veronese, 39 anni appena, titolare di una ditta di videosorveglianza, la M & M, tre bimbi piccoli, un’ex moglie da poco, una vita da ricostruire perché dopo una separazione a tutto pensi fuorché che possa capitare a te, che possa capitarti così, che qualcuno, all’improvviso, ti possa agguantare per strada e mandarti al Creatore con una, due, dodici o quindici coltellate di seguito. Una furia. «Che cosa fai, bastardo?».
È una vicina di casa dei Veronese a raccontare ciò che (probabilmente) è successo: bocche cucite sul caso, gli inquirenti non si sbilanciano, lo sgomento in città è ancora forte. Però lei l’ha sentita, a quell’ora fonda del mattino, poco prima che si compiesse il delitto. L’ha udita quella voce, che veniva da giù, dalla via. Per questo si è affacciata alla finestra: il 39enne «stava correndo, arrivava dal fondo della strada, era rincorso da un uomo incappucciato che indossava una giacca».
Il tempo di accorgersi di quello che stava per compiersi: i primi due fendenti sono al collo. «Oh mio dio», geme Veronese. Eppure il suo assassino non molla, sale «sul suo corpo e continua a infierire. Il killer non ha detto una parola, è stato freddo e lucido, è scappato in corso Francia». Solo a questo punto, solo dopo che l’aggressore si è dileguato all’orizzonte di un giorno nefasto, la donna riesce a scomporre l’immobilità che la paura le ha appena messo addosso. Prende il telefonino e fa l’unica cosa da fare in questi casi, chiama i soccorsi. Non c’è niente da fare però, purtroppo, per Veronese che intanto s’è accasciato sull’asfalto, sta perdendo sangue, respira sempre più a fatica. A Collegno è tornato ad abitare dopo che il suo matrimonio si è spezzato, a Collegno ha trovato anche la morte. L’ambulanza e i soccorritori del 118 provano il tutto per tutto: arrivano presto, corrono come disperati con le sirene spianate nelle strade semideserte di un fine ottobre maledetto, arrivano pochi minuti dopo la segnalazione. È già troppo tardi. Resta da capire, adesso. Resta da ricostruire, da spiegare, da trovare una risposta a come cribbio sia possibile perdere l’esistenza in questo modo. L’agguato che ha ammazzato Veronese è stato pianificato? Non è un’ipotesi che può essere esclusa, quantomeno non al momento, la dinamica del suo assassinio è abbastanza emblematica: è quella di un omicida rapido, preciso, capace di infliggere più colpi nell’arco di pochissimo tempo. Lui lo conosceva?
Dove è andato a nascondersi dopo i fatti? E soprattutto perché l’ha fatto? Si è trattato di un regolamento di conti? E in tal caso, di quali? Oppure è stata una lite improvvisa, il caso, quel destino bastardo che non guarda in faccia a chicchessia? Magari una rapina finita male? Ma allora perché quel criminale col coltello in mano non ha sfilato al 39enne nemmeno il portafoglio di tasca? Le indagini sono affidate ai carabinieri di Rivoli e di Collegno, assieme a loro lavorano anche i colleghi del nucleo investigativo di Torino. Per buona parte della giornata di ieri via Sabotino rimane transennata e inaccessibile: i tecnici della scientifica stanno facendo i rilievi di rito. Pizzetto sale e pepe, occhialini: Veronese «era una persona d’oro», dice di lui il titolare della tabaccheria che c’è sotto casa della vittima, «era un mio cliente, veniva qui insieme alla famiglia, era un amico. Ha montato lui le telecamere del negozio. Non l’ho mai visto litigare con nessuno», il che è un ulteriore elemento che fa da cornice a questa vicenda drammatica e insensata. «Sono davvero devastato», chiosa il tabaccaio. «Sarei dovuto scendere, ma purtroppo ci si fa l’abitudine ai rumori di notte in strada», racconta invece un signore residente nella stessa via.

