La chiave della nuova indagine sul caso Garlasco potrebbe essere nascosta tra le pieghe digitali di un vecchio computer, in un messaggio cancellato o in una chat dimenticata, e proprio lì gli investigatori della Procura di Brescia stanno concentrando le loro attenzioni alla ricerca delle prove della presunta corruzione tra l’ex procuratore capo di Pavia Mario Venditti e la famiglia Sempio, aprendo un nuovo capitolo di un giallo che da 18 anni non smette di sorprendere e di dividere l’opinione pubblica.
Dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di Giuseppe Sempio, padre di Andrea, gli inquirenti avevano programmato per lunedì l’apertura dei dispositivi sequestrati a Venditti e ai Sempio, ma l’ex magistrato ha chiesto che i suoi dispositivi non vengano esaminati se non in incidente probatorio, rinviando così ogni operazione che avrebbe potuto rivelare conversazioni o dati compromettenti. L’estrazione forense proseguirà invece per Giuseppe Sempio, di cui saranno analizzati cellulari, computer e chiavette alla ricerca di elementi utili a chiarire i rapporti con l’ex pm e il presunto scambio di favori o denaro. Secondo il decreto della Procura, all’interno di quei dispositivi ci sarebbero “contenuti sicuramente utili alla prova del reato”, riferiti agli anni 2016 e 2017, quando Venditti, allora titolare dell’inchiesta su Andrea Sempio, chiese l’archiviazione per l’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, un delitto per il quale Alberto Stasi fu poi unico condannato in via definitiva.
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Un giallo nel giallo quello che sta andando in scena in queste ore a Garlasco. Oltre alle indagini per il delitto di Chi...Nel corso della puntata di “Quarto Grado”, condotta da Gianluigi Nuzzi ieri sera su Retequattro – il padre di Andrea ha spiegato che non sa bene cosa ci sia nei dispositivi sequestrati. «Ma non lo so, chi si ricorda...», dice. Incalzato dal giornalista che gli ha chiesto che se ricorda se ha dato dei soldi a Soldani, che poi li ha dati al magistrato, non lo so se ho corrotto il magistrato..., Sempio senior risponde: «No, ma quella è una cosa che non si capisce, comunque». «Vedremo», aggiunge, «che ti devo dire. È una cosa che noi non possiamo capire. Stiamo ragionando fra di noi, insomma». «È passato tanto tempo, sono passati gli anni, e quindi sono cose che ormai non te lo ricordi neanche più». «Quella gente lì non la conosco neanche. Ma adesso bisogna capire bene le cose».
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Mentre Giuseppe Sempio viene iscritto nel registro degli indagati per corruzione, una dichiarazione mandata in onda a Or...Di certo c’è che gli investigatori stanno scandagliando mail, file, messaggi e qualsiasi traccia digitale che possa confermare contatti sospetti o conversazioni che attestino un possibile accordo economico tra Venditti e la famiglia Sempio. Per gli inquirenti quel biglietto trovato sembrerebbe confermare l’ipotesi di una tangente, mentre la difesa sostiene che si trattasse solo del promemoria di una parcella legale, destinata al pagamento degli avvocati. Da quel momento l’indagine si è allargata, arrivando a coinvolgere due carabinieri che all’epoca erano in servizio nella polizia giudiziaria di Pavia, Silvio Sapone e Giuseppe Spoto, non indagati ma già sottoposti a perquisizioni. In questo intreccio di dati digitali, perizie e ricostruzioni scientifiche si gioca il destino giudiziario di un caso che sembrava chiuso per sempre. Resta però difficile immaginare che un operaio come Giuseppe Sempio abbia potuto da solo corrompere un magistrato di alto livello come Venditti, e per questo gli inquirenti non escludono che, se davvero dietro l’archiviazione ci fosse un sistema Pavia, l’inchiesta potrebbe presto allargarsi ad altri nomi, a nuove responsabilità. Non sono da escludere, alla luce degli ultimi clamorosi sviluppi di indagine a un ventennio dal delitto, anche inattese confessioni.




