«Allora ministro, che fa? Si dimette?». Ai cronisti che cercavano di provocarlo sulla manovra, Giancarlo Giorgetti ha risposto mostrando una certa calma: «Sono alla 29esima legge di bilancio, sono cose naturali...». E smentirlo, almeno dal punto di vista storico, è difficile. Il dibattito sulle pensioni nel nostro paese non va avanti da decine, ma da migliaia di anni. In Italia è stato creato uno dei primi sistemi previdenziali della storia e i problemi ci sono sempre stati. Il tutto per venire incontro alle esigenze di un particolare micro-mondo, quello dei legionari romani.
Oltre alla morte, il soldato in servizio attivo aveva tre modi per lasciare il mestiere delle armi: la causaria missio, ovvero una sorta di pensione di invalidità, l’ignominiosa missio - per chi si macchiava di crimini - e infine l’honesta missio, ovvero il congedo onorevole al termine del periodo di ferma. E già all’apice della potenza romana si inizia a giocare molto sull’età pensionabile, pur in assenza di Elsa Fornero. Augusto – costretto a ripianare i buchi con risorse proprie – prolunga il periodo di servizio da venti a venticinque anni. Ma a parte questo, all’inizio dell’epoca imperiale i benefici per chi portava il gladio erano esorbitanti.
Il legionario a fine ferma poteva ricevere l’equivalente di tredici anni di mensilità. E bisogna considerare che la paga annuale di chi era in servizio non era affatto male per l’epoca, si parla del triplo di quanto servisse per sopravvivere, oltre al fatto che chi partecipava a campagne militari aveva normalmente diritto a una sua frazione del bottino di guerra. L’honesta missio poteva essere abbinata o del tutto sostituita da terreni del valore corrispondente. Ed esisteva anche una specie di Tfr, una parte della paga che veniva trattenuta dalle casse della legione fino al termine della vita lavorativa (anche per evitare diserzioni...). Era possibile, come oggi, chiedere un anticipo della liquidazione, motivando la cosa.
In più, i soldati in congedo non dovevano pagare tasse e accedevano a cariche pubbliche solo su base volontaria. Altrimenti potevano godersi la vita e basta. Ovviamente qualche fregatura c’era: raggiungere questa condizione fortunata, considerata l’epoca, era tutt’altro che scontato: solo per questioni demografiche, più della metà della truppa lasciava questo mondo prima di raggiungere il vitalizio. E col tempo le cose non sono migliorate.
Già in età augustea, concedere terreni diventa sempre più difficile. Con il rallentare dell’espansione, diminuisce la disponibilità di appezzamenti da colonizzare (è l’esempio del Nord Italia, dove avviene una completa sostituzione etnica delle popolazioni celtiche).
L’honesta missio viene quindi corrisposta in denaro, ma si passa da 13 a 10 anni di mensilità. Più avanti nei secoli salterà l’esenzione delle tasse e, infine, nasceranno problemi finanziari. La somma consegnata ai militari rimane alta anche nel Tardo impero, ma non corrisponde più al potere d’acquisto di una volta. È l’economia romana che rovina la vita al legionario, che peraltro inizia a subire la concorrenza interna. Parliamo degli eserciti “assunti” al di fuori dall’impero. Così ci sia avvia verso il crollo, Roma smette di crescere e per questo iniziano i problemi.
L’Italia contemporanea è tanto diversa? È vero che in media le pensioni italiane sono un po’ più alte di quelle di molti Paesi europei (siamo a circa 1500 euro al mese), ma di sicuro non siamo il paradiso della terza età: il numero di persone che percepiscono l’assegno è molto basso: siamo al 32,1% della popolazione tra 50 e 74 anni (circa 6 milioni e 607mila individui), la media europea è del 40,5%. Nonostante ciò, il nostro Paese non riesce ad affrontare il peso di queste uscite, che superano il 16% del Pil. L’Italia è penultima in Europa nelle classifiche di “sostenibilità”. Certo, fare un confronto serio tra i vari modelli previdenziali odierni è complesso, ma pare chiaro che il problema sia a monte: l’economia italiana ha smesso di tirare da un pezzo e le pensioni, pur distribuite senza particolari follie, rischiano di essere sempre più un macigno per i conti pubblici della magra Italia. Più che tagliare, sarebbe meglio ripartire. I Cesari con le legioni non ci sono mai riusciti, speriamo di avere più fortuna.




