Gli amici abbandonarono Mattarella, ma Silvio lo salvò
L'invito che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto a Silvio Berlusconi nel giorno del suo giuramento è naturalmente atto di cortesia istituzionale. Il gesto per altro non sorprende, perchè i rapporti fra i due sono di antica data, e assai più complessi e sfaccettati di quel che le narrazioni ufficiali di questi giorni dicano. Vero che in pubblico Mattarella e Berlusconi sono stati da due parti diverse della barricata. Ma se di giorno e nei lunghi anni della seconda Repubblica non sono mancati toni accesi di Mattarella nei confronti di Berlusconi e del centrodestra (quasi mai il contrario, però), al riparo da sguardi indiscreti il rapporto fra i due fu tutt'altro che burrascoso. E spiega perchè lo stesso Berlusconi, quando il nome di Mattarella gli era arrivato informalmente all'interno di rose proposte sia dalla maggioranza che dalla minoranza del Pd prima del Natale scorso non aveva affatto alzato muri, anzi. Bisogna tornare indietro di molti anni, alla notte fra il 17 e il 18 giugno 1997, per scoprire l'altra verità. Quella sera anche l'auto di Mattarella percorse a Roma via della Camilluccia, imboccando il vialetto privato che conduceva all'abitazione di Gianni Letta. Il futuro presidente della Repubblica si sarebbe seduto alla tavola dei padroni di casa (oltre a Gianni c'era anche la moglie Maddalena) con Berlusconi, Gianfranco Fini, Pinuccio Tatarella, Domenico Nania, Cesare Salvi e Massimo D'Alema. Mangiarono i fusilli ai funghi e il vitello tonnato preparato pensando al primo caldo di Roma che annunciava l'estate, e alla fine fu servita la celebre crostata che avrebbe dato il nome all'evento. Fu la notte del “patto della crostata”, e a cena fu fondamentale per sintetizzare le richieste di Berlusconi e di D'Alema proprio Mattarella, che divenne l'esecutore formale del patto. Lo tramutò in testo giuridico e lo presentò come disegno di legge a sua firma, impressionando Berlusconi per l'abilità mostrata nella mediazione. Anche se il patto della crostata sarebbe finito nel cestino della spazzatura, l'incontro di quella sera con Mattarella non fu l'ultimo. E il politico popolare, che fu protagonista di altre battaglie contro quello che all'epoca si chiamava “Polo delle libertà” (più contro l'area di Fini che contro quella di Berlusconi), non interruppe i rapporti, arrivando perfino a beneficiare indirettamente del ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi. Terminata la legislatura del patto della crostata, il futuro presidente della Repubblica dovette scoprire come nessuno sia profeta in patria: a momenti i suoi stavano per non ricandidarlo alle elezioni del 2001. Mattarella, autore della legge maggioritaria, non aveva elettori e in un collegio uninominale non ce l'avrebbe mai fatta. Lo avevano sempre candidato capolista nel proporzionale nella circoscrizione Sicilia 1. Ma in quel 2001 il posto era stato promesso a un uomo di Francesco Cossiga, Salvatore Cardinale, e la via era sbarrata. I suoi provarono a recuperarlo in Trentino, ma ci fu la rivolta dei popolari locali, che si misero di traverso: un solo posto sarebbe stato utile, e doveva spettare a loro. Solo all'ultimo minuto prima della chiusura delle liste Mattarella fu catapultato lassù. I leader locali della Margherita esclusi non incassarono il colpo, e presentarono un esposto alla magistratura sostenendo che tutte le firme necessarie a presentare Mattarella non erano mai state raccolte, e quindi erano false. La magistratura di Bolzano scoprì che l'accusa era vera e mandò a processo 17 dirigenti della Margherita, fra cui il vicepresidente della provincia di Bolzano Michele di Puppo. Vicenda giudiziaria rognosa, e imbarazzante per Mattarella. Ma quando la condanna era a due passi, a togliere le castagne dal fuoco fu proprio Berlusconi. Il suo governo depenalizzò in un provvedimento omnibus quel reato. Al tribunale di Bolzano non restò che prendere atto della legge salva-Mattarella e assolvere tutti perchè il reato non era più tale il 6 luglio 2004. Ma il centro-destra aveva già mostrato amicizia in precedenza, convalidando quella elezione a rischio annullamento, nella giunta a maggioranza della Casa delle Libertà. Continua a leggere su L'imbeccata di Franco Bechis