Pa: scongiurato anno zero innovazione, ma serve accelerazione su efficienza
Roma, 31 gen. (Labitalia) - E' stato scongiurato il rischio che il 2018 fosse 'l'anno zero dell'innovazione', ma nel 2019 serve un'accelerazione per una pubblica amministrazione più moderna e efficiente, con una governance chiara del sistema dell'innovazione e un soggetto pubblico messo in condizione di abilitare lo sviluppo del Paese, realizzando i progetti avviati, razionalizzando risorse e soluzioni, assicurando formazione, motivazione e valorizzazione delle risorse umane, favorendo la collaborazione e l'ascolto a tutti i livelli. E' quanto emerge dall'Annual report 2018 di FPA (società del gruppo Digital360), che descrive e analizza i principali fenomeni e processi che hanno caratterizzato il percorso della pubblica amministrazione sui diversi temi dell'innovazione e della sostenibilità nell'ultimo anno . "La fotografia scattata dall'Annual Report - commenta Gianni Dominici, direttore generale di FPA - rivela come il 2018 non si sia rivelato il temuto ‘anno zero dell'innovazione', tuttavia non siamo partiti verso traguardi ambiziosi. L'anno passato si è caratterizzato per grandi cambiamenti in termini di assetti politici ma, per ora la politica di innovazione è andata avanti un po' per inerzia, senza un progetto unico e condiviso. Non può passare un altro anno di attesa: è necessaria un'accelerazione dei processi in corso. Le parole d'ordine per il 2019 sono collaborazione, governance, coraggio e digitale per andare verso un'amministrazione come soggetto attivo che crei valore per il Paese". "La Pa - sottolinea Andrea Rangone, ceo di Digital360 - è una delle cinque componenti chiave, assieme a imprese, startup, telco e competenze, dell'ecosistema che è alla base della nostra capacità di cavalcare o di subire la IV rivoluzione industriale. Le imprese hanno capito solo in parte la rivoluzione in atto, le startup si stanno sviluppando abbastanza bene, mentre il settore delle telecomunicazioni si trova in una situazione critica e ci collochiamo purtroppo tra gli ultimi in Europa per competenze innovative. E' su questi aspetti che dovrebbe concentrarsi qualsiasi azione politica". "Il fine ultimo dell'azione pubblica - sostiene Carlo Mochi Sismondi, presidente di FPA - è creare valore per i cittadini e le imprese e promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico, secondo i principi dell'Agenda 2030. Per questo obiettivo è necessaria un'innovazione che sia rispettosa dei saperi e delle esperienze delle comunità locali più avanzate e, nello stesso tempo, attenta ad accompagnare i cambiamenti rifondando su nuove basi la partnership tra pubblico e privato e ricucendo lo strappo presente oggi tra norme e effettivi comportamenti". Il Rapporto evidenzia che per il lavoro pubblico è stato un anno di passaggio. Non sono ancora evidenti e visibili gli effetti della riforma Madia, mentre le misure introdotte dal ministro Bongiorno con il decreto concretezza sono in fase di avvio, ma i prossimi mesi possono costituire un cambio di passo con l'istituzione del Nucleo concretezza, le nuove disposizioni in materia di assenteismo, lo sblocco del turnover, le scelte di indirizzo dopo il rinnovo contrattuale. Si diffonde la sperimentazione del lavoro agile, che oggi interessa ancora solo il 8% delle amministrazioni (dati Osservatorio Smart Working PoliMi), ma ne è cresciuta la sensibilizzazione e condivisione di pratiche, costituendo un laboratorio di innovazione organizzativa e culturale. Resta evidente il ritardo nella formazione dei dipendenti pubblici, che oggi hanno un'età media di 50 anni e nel 62% dei casi dispongono al massimo di un diploma di licenza media superiore. Nel 2008 la media di giornate di formazione per ciascun dipendente era di 1,4, nel 2016 sono scese a 0,9. Così è frequente il ricorso all'autoformazione: una survey FPA rivela che il 91,5% si aggiorna attraverso letture, frequentazione di convegni o webinar. Una buona notizia è stata la presentazione del dipartimento della Funzione Pubblica del Syllabus che deve dotare le amministrazioni pubbliche di uno strumento per rafforzare le competenze. Nel 2018 si sono registrate poche novità sul tema dell'open government che oggi non sembra ispirare politiche nazionali e locali. Purtroppo, la collaborazione, terza gamba dei principi delle amministrazioni trasparenti, è scomparsa dai documenti ufficiali, lontano dal modello di una Pa abilitante, che è stata al centro dell'edizione di Forum 2018 grazie anche alla partecipazione di Stephen Goldsmith che ha condiviso i temi legati alla collaborative governance. Unico elemento di rilievo viene dagli open data: l'open data maturity report colloca quest'anno l'Italia al 4° posto (4 posizioni in più dell'anno precedente) e l'indice Desi in materia di open data registra un avanzamento dal 19° all'8° posto in Europa con il ruolo chiave delle community territoriali. Sono le città e i territori locali i contesti dove l'innovazione trova le condizioni più favorevoli per nuovi modelli di governance e capacità di innovazione tecnologica. L'analisi sulle cosiddette 'Smart sustainable, responsive city' (la città che usano tecnologie ict per prendere le migliori decisioni e portare innovazione per la sostenibilità economica, sociale e ambientale) vede in testa ancora Milano e un Paese tagliato in due, con il Sud ancora lontano dalle dinamiche del resto d'Italia. Ma il 2018 dimostra che il nuovo ciclo di tecnologie big data, reti di sensori, Internet of things e smart grid, rendono possibili nuove strategie in modo efficace e veloce. La Pa si caratterizza ancora per scarsa capacità di spendere e di usare la leva degli appalti pubblici. Ma i dati Consip di dicembre del 2018 sul valore dei contratti conclusi dalla Pa attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla centrale acquisti dimostrano che qualcosa si muove, registrando incrementi importanti da un mese all'altro. In questo senso, il nuovo Codice degli appalti ha molti difetti ma anche potenzialità: l'azzeramento del Codice prospettata sarebbe dannosa perché condurrebbe ad una nuova stagione di incertezze. Nel 2018 è̀ avvenuta la verifica intermedia del raggiungimento dei target di spesa Ue, per il meccanismo del disimpegno automatico (N+3) in base a cui i fondi non spesi dopo il terzo anno dal loro impegno verranno persi. Nella seconda parte dell'anno è scattata una corsa contro il tempo e al 31 dicembre l'Italia ha superato ampiamente le soglie di spesa previste e dei 51 programmi operativi, solo 3 non hanno raggiunto gli obiettivi (dati Agenzia per la coesione territoriale). Complessivamente, la spesa sostenuta e certificata alla Commissione europea è pari a 9,7 miliardi di euro. Il connesso livello del tiraggio delle risorse comunitarie a valere sul bilancio Ue si attesta a 6,2 miliardi e 190 milioni di euro pari al 118% del target fissato. Gli investimenti sull'attuazione dell'Agenda digitale italiana non sembrano aver ancora portato a risultati concreti. I dati del Desi Report e dell'eGovernment Benchmark rivelano che l'Italia è sotto la media Ue per disponibilità di servizi pubblici digitali (58% contro 63%), ma si colloca all'ultimo posto per l'utilizzo da parte dei cittadini: solo il 22% degli italiani interagisce online con la Pa, contro una media europea del 53%. Spid è cresciuta fino a 3 milioni di identità digitali rilasciate, ma ancora lontano dalla massa critica per il pieno dispiegamento. Sono 17.000 gli enti aderenti a PagoPA (73,8% del totale), ma meno di 14.000 quelli che hanno effettivamente concluso la procedura di attivazione. Anpr ha superato i 1.000 Comuni subentrati, con 16 milioni di cittadini presenti in anagrafe unica. Accanto, si sono registrate diverse iniziative importanti che però stentano a fare sistema. La scarsità di risorse per la sanità, l'incremento della longevità e la perdurante crisi economica stanno incidendo sull'accesso alle prestazioni e l'integrazione dei servizi tra ospedale e territorio, con il rischio di acuire le diseguaglianze sociale e territoriali. Purtroppo, è stato debole e frammentato il contributo dell'innovazione tecnologica: a fronte di una crescita del 2% della spesa per la sanità̀ digitale, 8 cittadini su 10 non usano ancora i servizi sanitari digitali.