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Sindacati e imprese pronti per i contratti federalisti

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Petteni e Barcella. "Bisogna investire in formazione, rilanciando l'apprendistato"

Roberto Amaglio
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La parola d'ordine per uscire dall'impasse è una per entrambi. Sia il presidente della Confindustria lombarda, Alberto Barcella, che il segretario regionale della Cisl, Gigi Petteni, la ripetono spesso quando parlano della crisi che sta attanagliando le imprese soprattutto sull'occupazione: "Formazione". "Bisogna comprendere ora che cosa saranno le aziende del futuro, e indirizzare i nostri giovani nella giusta prospettiva di lavoro", dice Petteni. "Se un giovane si prepara sui banchi di scuola per una professione, ma non trova poi nel mercato del lavoro un'effettiva domanda avrà oggettive difficoltà ad impiegarsi, rischia di subire uno stato di frustrazione", gli fa eco Barcella. Già, i giovani. Gli ultimi dati Istat che riguardano i ragazzi tra i 15 e i 24 anni sul territorio nazionale sono piuttosto allarmanti: il 30% è disoccupato. Secondo l'Isfol, poi, lo strumento di approccio al lavoro per eccellenza, e cioè lo stage, si chiude nella metà dei casi (52,5%) con una stretta di mano. E nel 17,4% con una proposta di proroga. Solo nel 21% dei casi è l'anticamera per un'offerta di lavoro, solamente nel 2,3% a tempo indeterminato. Nelle mani dei giovani e delle aziende c'è però anche un altro strumento importante. Si chiama apprendistato, e in sostanza è un particolare contratto di lavoro che prevede l'acquisizione di una professionalità specifica direttamente all'interno di un'impresa, alternando momenti lavorativi a momenti di formazione esterni all'azienda. Questa la teoria. Ma la pratica, secondo il presidente degli industriali lombardi, è molto più complicata. "L'apprendistato", sottolinea infatti, "non è utilizzato opportunamente dalle imprese, soprattutto quello che prevede percorsi di alta formazione". "Vincoli di carattere legislativo e una certa confusione sulla competenza delle Regioni sul tema», continua Barcella, "impediscono alle imprese una chiara interpretazione delle norme. Questo non fa che scoraggiarle". "Ci sono certamente molte lacune da colmare", aggiunge Petteni, "e credo che una spinta vada data anche ai fondi interprofessionali per la formazione. È l'unico modo per guardare al futuro: ragionare in modo ”federalista”, partire dalle esigenze di trasformazione della singola impresa". Federalismo, in una Lombardia di 20.030 capannoni che hanno fatto richiesta online alla Regione della cassa integrazione in deroga (per 113.598 lavoratori), è l'altro termine che risuona nelle parole di chi ha a cuore il lavoro. "Ormai è inutile perdere tempo in sterili lotte tra imprenditori e sindacato", afferma Barcella, "bisogna lavorare insieme per migliorare flessibilità e produttività". Per il sindacalista Petteni il sentiero che porta oltre il tunnel è fatto sì di sacrifici, che però devono essere distribuiti sul territorio. "La Lombardia non può subire un blocco indiscriminato dei contratti pubblici come previsto a livello nazionale", spiega infatti: "Bisogna legare la contrattazione all'andamento reale. Se la sanità lombarda impiega 80mila persone bisogna anche dire che offre cure e assistenze a moltissime persone che provengono anche da altre Regioni, che ha una qualità molto alta. Così anche enti locali e settore pubblico in generale. Perché trattare i lavoratori lombardi come gli altri? Si pensi al raggiungimento degli obiettivi, si riconosca il merito e si punisca il demerito di chi lavora". Contrattare sul territorio, quindi. E se Barcella non vuole sminuire l'importanza della contrattazione a livello nazionale - "serve per conservare la coesione sociale, ci ha consentito di poter utilizzare gli ammortizzatori", dice - anche dal punto di vista confindustriale, "le relazioni industriali negli ultimi anni hanno avuto un profondo cambiamento, e a volte pare che quella corrispondenza tra livello nazionale e esigenze delle aziende sia superata". "C'è stata e c'è ancora da dare una spinta", aggiunge Barcella, "affinché la contrattazione aziendale esca rafforzata da questa crisi. Le contrattazio ni a livello nazionale sono lontane dai problemi della singola impresa". Alla domanda se servano nuove leggi o nuove assunzioni di responsabilità, infine, Petteni risponde: "Oggi è necessario coniugare all'interno dei processi produttivi flessibilità e necessità dei lavoratori. Le aziende già lo sanno, ma dobbiamo sperimentare e costruire magari proprio in Lombardia un modello, una rete di servizi che abbia una dimensione territoriale, per accompagnare il lavoratore a livello economico e a livello formativo". Le risorse? "Si troveranno, se cambieremo mentalità e miglioreremo l'efficienza del sistema in modo bilaterale". Per Barcella "non è possibile pensare che in una società le regole concepite per i lavoratori 40 anni fa si possano mantenere inalterate. La globalizzazione ha fatto saltare i paradigmi con i quali si era pensato allo Statuto dei lavoratori. Anche norme e regole sono da rivedere, quando non sono più adeguate alla realtà che stiamo vivendo e soprattutto quando non difendono realmente chi produce per il Paese". Dunque i tempi sono maturi per far partire la contrattazione decentrata. A tutti i livelli. Basta solo volerlo.

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