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Cannabis e memoria corta

più rischio per gli adolescenti

Carlotta Clerici
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 La cannabis fa più male agli adolescenti rispetto che agli adulti. Ad affermarlo il Dipartimento Politiche Antidroga (DPA) dopo la recente diffusione dei risultati delle ricerche spagnole, focalizzate sul rapporto tra l'uso della cannabis e la perdita di memoria. Dallo studio sembra che il consumo prolungato di cannabis provochi diverse alterazioni nelle attività celebrali. In particolare, nell'ippocampo e nella corteccia frontale, le aree più ricche di ricettori cannabinoidi, attivate proprio dal regolare consumo di THC, ossia il principio attivo della cannabis. Lo studio ha inoltre dimostrato che il consumo della sostanza può compromettere i normali processi d'attenzione, sia quella transitoria che quella sostenuta, con conseguenti alterazioni delle performance relative a compiti che prevedono l'uso della memoria. La situazione peggiora quando si parla di giovani, poiché il cervello umano conclude la sua maturazione intorno ai 21 anni e quindi gli adolescenti risultano essere più vulnerabili rispetto agli adulti, alle conseguenze neuropsicologiche derivanti dal consumo di cannabis. Gli studi mettono in evidenza che gli individui che iniziano a fumare cannabis in età precoce, quando il cervello si sta ancora sviluppando, sono più vulnerabili ai deficit neuropsicologici rispetto ai soggetti che cominciano a consumarla in età adulta. Un altro studio, eseguito con risonanza magnetica, ha dimostrato che gli adolescenti utilizzatori di cannabis mostrano maggiori difficoltà nell'esecuzione di compiti che prevedono l'impiego della memoria di lavoro spazio-geografica, come ricordarsi le indicazioni stradali per raggiungere un determinato luogo. Si tratta quindi di un'alterazione dei percorsi neurali e questo, secondo il DPA, “può risultare invalidante per un adolescente impegnato a delineare a scuola il proprio percorso formativo”.

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