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Caso Berlusconi, dura condanna del Csm

Anedda: "Violenza fomentata dalle toghe"

Maria Acqua Simi
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Anche il Csm si pronuncia su quanto accaduto ieri sera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, raggiunto al volto da una statuetta che gli ha rotto il setto nasale, il labbro e due denti. Il primo a parlare è il vice presidente del Csm, Nicola Mancino. "La più ferma condanna per il grave episodio dei violenza di ieri a Milano", dice. Poi riprende le dichiarazioni di Napolitano: "Torna di grande attualità l'invito pressante del capo dello Stato ad abbassare i toni della polemica e a considerare di massima utilità per il Paese il civile confronto istituzionale sulle riforme". A parlare, per il Cms, è il suo consigliere laico del Pdl, ovvero Gianfranco Anedda. Esprimendo la sua"esecrazione" per l'aggressione al presidente del Consiglio, ha parlato del"clima d'odio" presente in Italia, clima a cui "non sonoestranei i magistrati". DiSpataro, infatti,  Anedda ricorda le "grida sull'arroganza della legislazione",mentre di Ingroia le parole pronunciate in un convegno "politico"quando ha parlato della Seconda repubblica come "figlia del patto traStato e mafia". Ma non tutti concordano con quanto affermato da Anedda, tanto che il togato di Unicost Fabio Roia e quello diMagistratura democratica Livio Pepino hanno definito le parole diAnedda "inaccettabili". Livio Pepino ha poi aggiunto di esprimere"amarezza per il gesto irresponsabile e condannabile sotto ogniprofilo" di aggressione nei confronti del premier. Mentre Dino Petraliadel Movimento per la giustizia ha messo in luce come il riferimento diAnedda ai due magistrati "dimostra accanimento". Il laico dicentrosinistra Mauro Volpi ha aggiunto che bisogna "distinguere conmolta attenzione la critica aspra rivolta alla politica giudiziaria delgoverno e il ricorso alla violenza, che è sempre inaccettabile e non èfiglia della critica, la quale è il sale della democrazia".Anche Cosimo Ferri, togato di Magistratura indipendente, si è detto"molto turbato" Perché Anedda fa nomi e cognomi, quando parla deiprocuratori aggiunti di Milano Armando Spataro e di Palermo AntonioIngroia. E dice di voler credere che le loro parole "non abbianoincoraggiato la violenza", ma osserva che proprio in quanto "eccessive"sono state "indirettamente causa di violenza".

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