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Morta Helen Lewis, ballerina sopravvissuta all'Olocausto

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Riuscì a sopravvivere nei lager grazie alla passione per la danza

Eleonora Crisafulli
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È morta, all'età di 93 anni, Helen Lewis, ballerina ebrea vittima della deportazione nazista sopravvissuta all'Olocausto. Si è spenta nella sua casa di Belfast, nell' Irlanda del Nord dove si era stabilita dopo la guerra. Nata a Trutnov, in Cecoslovacchia, il 22 giugno 1916, e cresciuta a Praga, la sua giovinezza di promettente ballerina fu sconvolta dal regime nazista: nel 1942 fu deportata a Terezin, poi ad Auschwitz e infine nel campo di concentramento di Stutthof, dove fu liberata dall'Armata Rossa l'11 marzo 1945 durante una marcia nel corso della quale le Ss si ripromettevano di far scomparire testimoni pericolose. Dopo la seconda guerra mondiale si stabilitì a Belfast, insegnò danza come coreografa del Lyric Theatre. Il tempo di parlare - Nel 1992 ha pubblicato la sua autobiografia «A time to speak», in Italia nel 1996 con il titolo «Il tempo di parlare», in cui racconta come è riuscita a sopravvivere nel lager a passo di danza. La passione per il ballo e la solidarietà segreta di coloro che tra i carnefici non dimenticarono la propria umanità la tennero in vita. L'opera è autobiografia e romanzo insieme: amore e perdita, amicizia e tradimento, paura e humour, gioia e disperazione. Al tempo stesso cerca di spiegare come sia stato possibile che milioni di ebrei si siano piegati alla volontà di sterminio nazista. Secondo l'autrice la soppressione delle minime libertà civili, il sequestro dei depositi bancari, il furto violento delle case, la perdita del lavoro e di conseguenza la perdita della fiducia in se stessi sono stati i passaggi di una preventiva distruzione, terminata poi con le camere a gas e i forni crematori. L'obiettivo della testimonianza è dimostrare chi furono i «mostri» nazisti: persone che uccisero, torturarono, bruciarono, gasarono loro simili, del tutto indifferenti a qualsiasi ragione umana, «perché il pericolo non sono i mostri, ma il sonno della ragione che troppo spesso si agita nei più comuni degli individui».

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