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I partigiani: i morti delle foibe meno morti di quelli dei nazifascisti

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L'Anpi del Lazio: solo diecimila, non equiparabili ai 26 milioni dei campi di sterminio

Albina Perri
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 Per i partigiani ci sono morti e morti. Quelli delle foibe, non sono come quelli dei nazifascisti. Come se potessero esistere vittime di serie a e di serie b, o defunti più defunti di altri. I partigiani hanno espresso infatti  “condanna delle azioni criminali  compiute nella ex Jugoslavia durante il secondo conflitto mondiale e a pace conclusa” e “solidarietà ai famigliari delle vittime e a  quanti italiani furono costretti ad abbandonare terra e averi per  rifarsi una vita altrove”. Ma “ìn occasione della Giornata del Ricordo dedicata ieri  ai martiri occultati nelle foibe carsiche dai partigiani di Tito e  dalla popolazione locale”, non può tuttavia “esimersi dal  riconoscere l'apporto degli italiani alla Guerra di Liberazione nei  Balcani, non rievocare il sacrificio di oltre sessantamila nostri  militari là caduti, come non può tacere sulla strumentalizzazione  dei crimini fatta ieri dalla destra per indurre a qualificare nello  stesso modo i combattenti della libertà e i nazifascisti quasi che i  delitti delle foibe, incerto il numero degli uccisi -non oltre i  diecimila nella stessa storiografia fascista- possano equipararsi a  quelli dei campi di sterminio tedeschi e giapponesi ove perirono 26  milioni di esseri umani”. Questione di numeri? Diecimila non sono sufficienti per piangere e riflettere? Così pare.

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