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Di Girolamo: lascio, ma sono perbene

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Il senatore Pdl scrive a Schifani: ho commesso leggerezze. Chi mi ha votato però non è popolo di mafiosi

Albina Perri
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Il senatore Di Girolamo si è dimesso. Quaranta righe scritte al computer  consegnate alla segreteria del presidente Renato Schifani. Nicola Di Girolamo, il senatore del Pdl finito nella bufera giudiziaria con l'accusa di essere stato eletto nella circoscrizione esteri con il voti della 'ndrangheta, ha consegnato la lettera di dimissioni da palazzo Madama. Ieri Di Girolamo aveva mostrato il testo al Corriere della Sera: «sono convinto -scrive l'esponente del Pdl- di dover rendere disponibile la mia persona (...) perchè chi dovrà giudicare possa davvero conoscere i contorni di una vicenda che non è tutta criminale». «Sono entrato nell'aula del Senato -scrive ancora Di Girolamo- forte di una delega affidatami da 24.500 elettori (...) nè mafiosi nè delinquenti. Di una piccola parte di costoro avrebbe abusato un gruppo di individui probabilmente 'inquinati' da frequentazioni criminali».  In ogni caso, aggiunge il senatore del Pdl, «non ero 'consegnato' anima e corpo a questi figuri. La frenesia della campagna elettorale mi ha spinto a giudicare poco e male. E lei, mi auguro, immaginerà che non si diventi mafioso nello spazio di un mattino, colpevole come sono di uno o due incontri disattenti». Frequentazioni occasionali, puntualizza ancora Di Girolamo, che non hanno cambiato la sua natura. «Sono rimasto una persona perbene -assicura- incapace tuttavia di difendersi innanzi alla protervia dei malevoli e dei menzogneri. In politica ne ho incontrati alcuni (...) capaci di fagocitarmi nella smania delle promesse». «Ho ceduto, signor presidente -ammette infine- ma le mie colpe verranno circoscritte dalla verità che saprò esporre ai magistrati». Di Girolamo conclude citando la «Caritas in Veritate» di Benedetto XVI: «Forse sarò l'unico ad essere ricordato per aver rassegnato le dimissioni. Ma non importa: mi affido alla Provvidenza (...) abbracciando il progetto di Dio, in Cristo, sperando nella vocazione posta 'nel cuore e nella mente di ogni uomo'».

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