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La questione moralista

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Appunti/di Filippo Facci

Eleonora Crisafulli
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Di moralità ce n'è in giro pochina, ma di riflessi moralistoidi e tipicamente di sinistra anche troppi. Primo esempio, un po' vecchiotto: le dimissioni del sindaco di Bologna Flavio Delbono sono state imposte, stringi stringi, più per una faccenda di corna che per il dettaglio che era inquisito da un pezzo. Lo stesso dicasi per Piero Marrazzo: non stava bene che un cattolico di sinistra, sposato, frequentasse trans brasiliani di un metro e ottanta: fine. La coca e l'accusa di peculato venivano dopo. Secondo esempio: Pier Luigi Bersani, una volta ipotizzata una soluzione politica per il bordello delle liste cassate, ha detto che anzitutto «il PdL deve ammettere di aver sbagliato». La lieve autocritica sussurrata da Berlusconi («un branco di deficienti») non è stata ritenuta bastevole. Il terzo esempio riguarda l'applauso che qualcuno si è permesso di dedicare al senatore Nicola Di Girolamo dopo il suo discorso di commiato da parlamentare. Che scandalo, ha detto Anna Finocchiaro e hanno scritto alcuni giornali. Ma lasciando anche da parte quella sciocchezza chiamata presunzione d'innocenza, dicano: che cosa impedisce che l'ex senatore possa aver pronunciato un discorso comunque apprezzabile? Che cosa impedisce che da quelle parti potesse avere uno straccio di amico, e non soltanto degli affiliati? Era un tizio che si stava comunque consegnando alla galera: che bisognava fare, sputargli addosso?

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