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Londra, bimbo muore di fame

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"Era seguito da nove esperti"

francesca Belotti
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Muore di fame a nove, anche se seguita da nove persone tra medici, infermieri e assistenti sociali. E' accaduto a Londra, dove i servizi sociali sono finiti nuovamente sotto accusa per la morte di un bambino figlio di una profuga eritrea. Saymon Michaels è stato trovato privo di vita nella sua culla in un appartamento nella zona nord-occidentale della capitale britannica dove abitava con la madre e la sorellina di quattro anni. I vicini hanno raccontato di aver sentito per mesi le urla e i pianti dei bambini, pur se secondo i servizi sociali nulla nella casa di Yurgaklem Michael era abbastanza fuori dall'ordinario per toglierle i figli e affidarli a qualcuno che ne avesse veramente cura. L'autopsia ha rivelato che il piccolo Saymon non mangiava da giorni e leggendo i rapporti fatti da chi per quindici volte in sei mesi aveva avuto modo di visitarlo si evince che c'era più di un motivo per allarmarsi. Il 2 novembre, ad esempio, un medico aveva notato “ragioni di preoccupazioni” e un mese dopo altri due medici avevano segnalato “scarso sviluppo motorio” e “scarso aumento di peso”. La madre, una malata di mente che ammetteva di “sentire le voci” e non voleva l'intervento di un interprete per il timore che nella comunità di profughi eritrei si scoprisse che era infetta dall'Hiv, è morta due giorni dopo il figlio, ma nonostante le sue precarie condizioni psichiche e di salute, nessuno aveva pensato a un intervento più radicale. Pur di fronte al drammatico esito della vicenda, le due organizzazioni che seguivano la famiglia hanno redatto un rapporto la cui conclusione è sconcertante: “dal caso Michael non c'è alcuna lezione da imparare”.  

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